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Le messe di Couperin: Gillian Weir e Jean-Baptiste Robin

16 giugno 2012 1 commento

François Couperin compose queste due messe per organo nei suoi primi anni di attività. Si tratta di opere in cui si nota sia l’ispirazione ai modelli compositivi esistenti (cfr. Louis Couperin) sia la presenza di autentica creatività che influenzerà i compositori successivi. Esse contengono idee interessanti, forse non eccezionali a livello compositivo (da questo punto di vista il barocco francese non è il massimo), ma sicuramente d’effetto. Tra i brani più notevoli in questo senso vi sono gli offertorium di entrambe le messe: in tutti e due i casi si nota che il movimento è tripartito e segue uno sviluppo più lungo e complesso di quello degli altri movimenti; del resto è naturale che l’offertorio debba essere animato per un tempo maggiore rispetto alle altre parti della messa.

Queste due incisioni sono tra loro piuttosto diverse; la partitura è esattamente la stessa ma a fare la differenza non sono nemmeno tanto gli organisti, seppure tra loro distanti di una generazione (non me ne voglia l’impeccabile Dama neozelandese), ma piuttosto gli strumenti da loro scelti, che in comune hanno solo la trazione: meccanica.

Il giovane francese Jean-Baptiste Robin ha scelto l’organo della cattedrale di Poitiers; si tratta di un antico strumento realizzato da François-Henri Clicquot, uno dei più rinomati costruttori di organi francesi del ‘700; ha un temperamento mesotonico a 1/4 di comma e il la accordato a 395 Hz, ossia praticamente un tono più in basso rispetto al la a cui siamo abituati oggi (440 Hz). L’organo scelto dalla neozelandese Gillian Weir è invece uno strumento di costruzione recente: fabbricato dalla Orgelbau Kuhn, risale al 1970; il la è a 440 Hz e i nomi dei registri sono in tedesco, il che può lascar intendere che non sia proprio lo strumento più adatto per suonare Couperin, in realtà invece la sua tavolozza timbrica si avvicina a quella dei tipici organi classici e barocchi francesi (le disposizioni foniche sono in fondo a quest’articolo). Sia chiaro: i timbri autentici del Clicquot sono diversi da quelli di questo Kuhn, i primi hanno infatti una spiccata personalità, le ance poi non sono nemmeno paragonabili, tuttavia da questo strumento moderno, pensato certamente per eseguire un repertorio più vasto, scaturisce comunque una piacevolissima e limpida incisione. Il fatto che l’organo sia stato pensato per un repertorio non strettamente classico francese lo si evince, oltre che dai nomi dei registri, anche dal fatto che è ben temperato; questa caratteristica da un lato permette di eseguire praticamente tutta la produzione organistica barocca tedesca ed oltre, dall’altro però diminuisce la resa del repertorio classico francese, come in questo caso; ciò è dovuto al seguente fatto: mentre con il temperamento mesotonico (v. Poitiers) si hanno molte terze pure, ossia in cui le frequenze dei due suoni di un bicordo di terza maggiore sono in rapporto esatto 5:4, e alcune terze molto dissonanti che venivano opportunamente evitate dai compositori dell’epoca e quindi anche da Couperin, con altri temperamenti più moderni questo rapporto preciso viene alterato al fine di giungere ad una accordatura tale da rendere piacevoli (ma, si badi, non perfetti) tutti gli accordi e permettere quindi ai compositori di sfruttarli come comunemente si fa oggigiorno. La differenza d’effetto tra una terza pura e una terza temperata, che tipicamente è leggermente crescente, è difficilmente descrivibile a parole; quello che posso dire è che le terze abbondano in queste messe e che all’organo della cattedrale di Poitiers risultano eccezionali, dando l’idea di una costruzione sonora perfetta.

L’atmosfera della registrazione effettuata nella cattedrale di Poitiers è maggiore rispetto a quella nella Prediger-Kirche di Zurigo: il riverbero è molto più forte e questo da un lato rende l’ascolto più simile a quello che effettivamente si avrebbe stando seduti in chiesa, dall’altro danneggia la limpidezza del suono, talvolta le note tendono a confondersi un po’ tra loro. Robin fa comunque un ottimo lavoro suonando ad una velocità mai eccessiva, tale da rendere sempre abbastanza chiaro l’intreccio, tuttavia non c’è paragone con la straordinaria chiarezza della registazione di Gillian Weir; chi preferisce un’incisione da cui si possa evincere lo spartito “a orecchio” non potrà che essere soddisfatto da quest’ultima. Entrambi gli organisti mostrano una grande padronanza del loro strumento e riescono a evidenziarne ogni peculiarità, in particolare Robin dimostra di saper sfruttare appieno il temperamento mesotonico dell’organo. Non v’è un solo caso in cui la registrazione scelta fosse fuori luogo (è pur vero che Couperin, come molti organisti dell’epoca, indicava abbastanza chiaramente la registrazione da adottare tanto che persino i nomi dei vari tempi includono spesso indicazioni sulla combinazione); a questo proposito va riconosciuto all’organista neozelandese il merito di saper mettere in evidenza con grande maestria alcuni deliziosi particolari della partitura.

Volendo consigliare una delle due edizioni, quella di Robin è secondo me da preferire. Entrambi gli organisti sono eccellenti; ciò che fa propendere più verso l’edizione Naxos è lo strumento. Il 4 manuali realizzato da Clicquot più di duecento anni fa sembra veramente costruito per suonare queste due messe sia per il suo temperamento che per i timbri estremamente caratteristici. Ogni registro ha una sua forte personalità, le ance sono di una bellezza indescrivibile e perfettamente accordate. Raramente si nota un calo della pressione del vento, in particolare nelle code in cui l’organista inserisce la Bombarda (ad es. in: Paroisses – Kyrie – II); l’effetto, di entità modestissima, non è affatto sgradevole ma al contrario rende in un certo senso vivo lo strumento; addirittura alcuni organi moderni come il Flentrop della Duke Chapel danno la possibilità all’organista di ridurre di proposito la riserva d’aria dello strumento per poter riprodurre proprio questo effetto (o difetto che dir si voglia) tipico degli organi antichi.

Dal punto di vista strettamente tecnico i due album sono di elevata qualità. La registrazione di Gillian Weir è analogica e risale al 1973, la durata complessiva è di 84’13” suddivisa in due dischi; il suono è chiaro e brillante e il rumore di fondo è minimo.
L’album di Jean-Baptiste Robin è stato invece registrato in digitale nel 2005; la durata è di 94’04” e anche in questo caso è suddivisa in due CD; qui l’unica pecca è, come anticipato, il forte riverbero che, in una registrazione del ventunesimo secolo, poteva certamente essere gestito meglio.

Le disposizioni degli strumenti sono tratte dai libretti dei due album esaminati.


Organo Kuhn della Prediger-Kirche di Zurigo (1970)

Organo Kuhn della Prediger-Kirche di Zurigo
Foto: Andreas Praefcke, 2009. Licenza Creative Commons.

Disposizione fonica dell'organo Kuhn della Prediger-Kirche di Zurigo

Organo François-Henri Clicquot della cattedrale di Poitiers (1790)

Organo Clicquot della cattedrale di Poitiers
Foto: © Monica Barba, 2009. Tutti i diritti riservati.

Disposizione fonica dell'organo Clicquot della cattedrale di Poitiers

organ orgel orgue varhany disposition specification specifications stoplist stop list stops

Brahms: Complete Organ Works – Robert Parkins

Copertina CD Brahms-Parkins

Johannes Brahms (1833 – 1897): Complete Organ Works

  1. Prelude and Fugue in G minor
  2. Fugue in A flat minor
  3. Eleven Chorale Preludes, Op. 122
  4. Chorale Prelude and Fugue on "O Traurigkeit, O Herzeleid"
  5. Prelude and Fugue in A minor

Robert Parkins
Organo Flentrop della Duke Chapel, Duke University, Durham, U.S.A.

Naxos8.550824

Di seguito riporto, tradotte e in colore nero, le note dell’organista Robert Parkins sulle composizioni per organo di Johannes Brahms, più una breve biografia dello stesso organista. Note tratte dal sito www.naxos.com.

La maggior parte degli ascoltatori non pensa a Johannes Brahms (1833-1897) come a un compositore di musica per organo poiché di lui ci vengono in mente subito le sinfonie, i concerti, composizioni per piano, musica da camera – o forse il Requiem tedesco. Eppure l’ultimissima composizione scaturita dalla penna di Brahms è stata una raccolta di preludi-corali per organo, pubblicati postumi nel 1902. È piuttosto curioso che le sue precedenti composizioni per questo strumento risalgano invece a molti anni prima.

Nel 1850, quando Brahms era ancora un giovane pianista e compositore, egli accennò alla sua aspirazione di diventare un virtuoso dell’organo. Sebbene avesse trovato il complesso strumento più difficile da dominare di quanto avesse pensato, iniziò a comporre seriamente per organo. Tra i suoi primi tentativi vi foruno due preludi e fughe, una cosciente emulazione di una forma sviluppata nel periodo barocco, ma filtrata attraverso il linguaggio armonico di Brahms stesso. Egli considerò entrambi questi lavori come progetti da principiante, non degni di essere pubblicati, e pare che pensasse che i manoscritti fossero andati distrutti. Furono in realtà ritrovati molto tempo dopo, e pubblicati nel 1927, trent’anni dopo la morte del compositore.

Il Preludio e fuga in sol minore, il secondo e più maturo dei due, fu scritto nel 1857. Il fiammeggiante preludio richiama lo stile rapsodico dei preludi e delle toccate scritte dai precedenti compositori tedeschi come Buxtehude o anche il giovane J. S. Bach. Brahms fu un appassionato studente della musica scritta prima del diciannovesimo secolo, e non è una coincidenza che spesso abbia scritto lui stesso seguendo forme musicali arcaiche.

Il contrappunto, specialmente il canone e la fuga, assorbirono l’attenzione di Brahms durante questo periodo in particolare. La prima versione della sua Fuga in la bemolle minore, completata nel 1856, fu successivamente revisionata e pubblicata nel 1864 (come supplemento al giornale Allgemeine musikalische Zeitung). Il preludio che la accompagnava in questa chiave inconsueta, è andato perduto – sempre se sia mai stato completato – ma la fuga, intima (riporta l’indicazione "langsam"), si regge da sé, come una creazione di artigianato magistrale e di sentimento profondo. L’ingegnosità contrappuntistica di Brahms è evidente sin dall’inizio, quando al soggetto principale, di grande espressività, risponde l’inversione dello stesso.

Dopo il 1860 Brahms abbandonò la composizione per l’organo, eccezion fatta per la revisione di vecchi componimenti per la pubblicazione; tuttavia in vecchiaia, proprio poco prima della morte della sua cara amica Clara Schumann, Brahms tornò a scrivere per l’organo. Ne risultarono gli undici preludi-corali, completati nel maggio e nel giugno del 1896, i quali rappresentano una vetta nella letteratura organistica romantica tedesca. Molti sono piuttosto brevi e simili, nella forma, ai pezzi dell’Orgelbüchlein di J. S. Bach (un ciclo di 45 preludi-corali per l’anno liturgico), dato che le frasi della melodia del corale, semplice o abbellita, non sono separate da lunghi interludi.

Tuttavia ad aprire la raccolta troviamo una notevole eccezione. "Mein Jesu, derdu mich", una tra le frasi più trattate nell’ambito barocco del preludio corale in stile Pachelbel, adombra ogni frase della melodia dell’inno con l’imitazione fugale di un soggetto derivato da quella stessa frase. Brahms era particolarmente affezionato ai corali "O Welt, ich muss dich lassen" e "Herzlich tut mich verlangen", e scrisse per ognuno due versioni contrastanti tra loro. Come per "Herzliebster Jesu" e "Herzlich tut mich erfreuen", i loro testi riguardano temi legati alla fine della vita: la passione di Gesù Cristo, la morte e l’aldilà. Appena superata la metà della raccolta troviamo "O Gott, du frommer Gott", una composizione potente in cui la melodia suona a mezza voce su un manuale secondario, fino all’ultima frase. A bilanciare le pesanti strutture che caratterizzano molti di questi preludi, ne troviamo tre più pacati, senza pedale: "O wie selig seid ihr doch", ihr Frommen", altra riflessione sulla morte e l’eternità, lo splendido inno di comunione "Schmücke dich, o liebe Seele", e la dolce melodia natalizia "Es ist ein Ros’ entsprungen".

Nel 1857, molti anni prima di dedicarsi ai temi eterni in parecchi dei suoi undici corali, Brahms aveva già scritto un bellissimo preludio corale su "O Traurigkeit, o Herzeleid". Una fuga basata sulla melodia di questo corale vi fu apposta qualche tempo dopo, e una versione revizionata del preludio corale seguito dalla fuga venne pubblicato nel 1882, ancora una volta come supplemento musicale di un periodico, "Musikalisches Wochenblatt". Il soggetto della fuga è derivato dalla melodia dell’inno, mentre il corale, disadorno, appare in lunghe note di pedale. Come la fuga in la bemolle minore, è lento, (l’indicazione di tempo è Adagio), e la risposta al soggetto è invertita allo stesso modo.

Il preludio e fuga in la minore, apparentemente il primo saggio di composizione organistica di Brahms, fu inviato a Clara Schumann come regalo per celebrare il compleanno del compositore stesso nel 1856. La mancanza di maturità ed eleganza che vi si riscontra è più che compensata dalla sua energia e impetuosità giovanile, ma non a scapito della sperimentazione, con artifici contrappuntistici di antica tradizione. In particolare il soggetto della fuga – già anticipato nella parte di pedale del breve preludio – compare anche in inversione, precedendo un’altra trasformazione per augmentationem. Analogamente a molti dei primi preludi e fughe di Bach, il contrappunto di Brahms si dissolve verso la fine nello stile libero del preludio, e la frase finale del soggetto è quasi seppellita da un raffica furiosa di note.

Robert Parkins

L’organista americano Robert Parkins ha studiato all’università di Cincinnati con Gerre Hancock e all’università di Yale con Charles Krigbaum, Michael Schneider e con il clavicembalista Ralph Kirkpatrick. Ha continuato i suoi studi come studente Fulbright a Vienna, con Anton Heiller. Ha tenuto concerti in tutti gli Stati Uniti, in America centrale e in Europa, specializzandosi nella letteratura iberica per tastiera e nella musica per organo romantica tedesca. Le sue registrazioni da solista includono musiche spagnole e portoghesi eseguite all’organo e al clavicembalo, così come composizioni per organo di Mendelssohn e di Brahms. Attualmente è organista universitario e professiore associato di pratica della musica alla Duke University.

Le esecuzioni dei preludi e fughe sono curate nei dettagli: la dinamica e le registrazioni sono abbastanza varie, in particolare il Preludio e fuga in sol minore è assolutamente da non perdere, ho avuto modo di ascoltarne anche altre interpretazioni e questa mi sembra la più rifinita; unico, nonché essenziale, a mio avviso, è il crescendo che inizia al minuto 5:44. Non gradisco alcune scelte sui tempi per quel che riguarda i corali op. 122, ma si tratta di gusti, e non posso negare di essere stato condizionato dall’ascolto dell’esecuzione di Karl Richter del 1964 all’organo della Herkules-Saal, che infatti resta quella che preferisco (contenuta nel Box Karl Richter – A Universal Musician della Deutsche Grammophon).
Purtroppo l’organo scelto non dispone di nessuna ancia di 32′ al pedale, che invece ritengo fondamentale soprattutto per gli autori romantici, in realtà lo strumento non dispone di nessun registro di 32′, e infatti Parkins si affida, devo dire molto abilmente, alla Quint 10-2/3′ unita al Prestant 16′ per ottenere un effetto 32′ al pedale (molto lontano comunque dall’effetto di un’ancia). La disposizione è pubblicata a fondo articolo, ed è tratta dal sito della Duke Chapel.

Dal punto di vista tecnico il disco è discreto: la risposta in frequenza e la dinamica si attestano su valori in linea con quelli delle registrazioni digitali degli anni ’90 ma in qualche passaggio forte c’è qualcosa che satura (forse un microfono, forse il registratore, ma si sente la distorsione), un difetto assolutamente indesiderabile e che sarebbe stato opportuno prevedere ed evitare.


Benjamin N. Duke Memorial Flentrop Organ (1976)

Flentrop Organ, Duke Chapel, Duke University, Durham, U.S.A.
Foto tratta da: Acoustics and Duke Chapel
(Duke University, Duke Physics, Dewey Lawson: "Acoustics and Music").

La descrizione seguente è tratta da Acoustics and Duke Chapel:

L’organo è stato realizzato nel 1976 dalla fabbrica di organi di Dirk A. Flentrop di Zaandam, in Olanda, è a trasmissione meccanica e dispone di 66 registri. La maggior parte delle sue 5000 canne circa è racchiusa in una cassa di mogano profonda solo 4 piedi e mezzo posizionata sulla galleria all’estremità posteriore della navata. Molte delle canne sono conformi a quelle degli organi nordeuropei degli inizi del diciottesimo secolo. Le file più gravi sono di 16′. Sono presenti anche tre file di trombe orizzontali come quelle dei grandi organi spagnoli del ‘700. Il più basso dei quattro manuali controlla il Rugwerk, situato alle spalle dell’organista. I rimanenti tre manuali sono collegati alle valvole dei corpi Bovenwerk, Hoofdwerk e Echo alla maniera classica. Non sono presenti casse espressive. I somieri per le canne di pedale sono posizionati alla base delle torri, ai lati della cassa principale. L’azione dei registri è meccanica tradizionale. Alcuni organi degli inizi del diciottesimo secolo disponevano riserve limitate di vento; ciò causava un momentaneo crollo della pressione del vento nei momenti di maggior richiesta (ad esempio quando veniva suonato un accordo pieno con molti registri inseriti). Poiché questo tipo di effetto era stato preso in considerazione da alcuni compositori, quest’organo permette all’esecutore di ridurre le dimensioni della riserva di vento per ottenere quest’effetto.

Disposizione fonica:

Hoofdwerk
Prestant 16′
Bourdan 16′
Octaaf 8′
Octaaf 4′
Quint 2 2/3′
Terts 1 3/5′
Mixtuur 2′
Scherp 1′
Cornet (from C3)
Bombarde 16′
Trompette 8′
Clairon 4′
Trompet 8′
Trompeta Magna (from C3) 16′
Clarin (from C3) 8′
Trompeta Batalla (C1 – B2) 4′

Rugwerk
Prestant 8′
Gedekt 8′
Octaaf 4′
Fluit 4′ (Gedekt)
Nasard 2 2/3′ (Roerfluit)
Octaaf 2′
Fluit 2′
Terts 1 3/5′
Larigot 1 1/3′
Sesquialter 2 2/3′
Sesquialter 1 3/5′
Mixtuur 2′
Scherp 1′
Cromorne 8′
Schalmey 8′
Trompet 4′

Echo
Gedekt 8′
Prestant 4′
Fluit 4′ (C’ – E’ Gedekt)
Nachthoorn 2′
Cornet (from C3)
Hautbois 8′

Bovenwerk
Prestant 8′
Baarpijp 8′
Gedekt 8′
Quintadeen 8′
Octaaf 4′
Roerfluit 4′
Nasard 2 2/3′ (C1 – B2 Gedekt)
Fluit 2′
Terts 1 3/5′
Sifflet 1′
Mixtuur 2′
Trompet 8′
Hobo 8′
Vox Humana 8′

Pedaal
Prestant 16′
Subbas 16′
Quint 10 2/3′ (Gedekt)
Octaaf 4′
Quint 5 1/3′
Octaaf 4′
Nachthoorn 2′
Mixtuur 4′
Bazuin 16′
Trompette 8′
Trompet 8′
Clairon 4′
Zink 2′

Copertina posteriore

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