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L’organo restaurato della cattedrale di S. Lorenzo a Perugia

22 novembre 2015 2 commenti
Corpo d'organo dell'abside
Corpo d’organo dell’abside (foto tratta dal sito della ditta organaria Pietro Corna).

L’attuale organo Tamburini della cattedrale di Perugia è uno strumento di costruzione relativamente recente: progettato intorno alla metà degli anni sessanta da Fernando Germani, già organista della Basilica di San Pietro in Vaticano, fu da lui stesso inaugurato nel 1967. Gli 87 registri suddivisi in quattro manuali e pedaliera ne palesano la vocazione sinfonica, e consentono di eseguire con buoni risultati un repertorio molto vasto. A differenza di molti strumenti di questo genere, si può apprezzare abbastanza chiaramente il carattere dei vari registri, che si prestano bene anche all’uso solistico. La ditta Pietro Corna, che si è occupata del restauro dello strumento, ha provveduto anche ad aggiungere alcune nuove file di canne: un Open Diapason 8′ al Grand’organo e delle Trombe orizzontali (en chamade) a forte pressione di 16′, 8′ e 4′; queste ultime in particolare arricchiscono la forza espressiva dello strumento, che già disponeva di Cromorno, Oboe, Voci corali e di altri registri di tromba. Le canne sono ripartite in due corpi distanti alcuni metri tra loro, e la consolle è a trasmissione elettrica, risultando così ricollocabile con una certa libertà all’interno della chiesa.

A seguito del restauro, il 21 novembre 2015 (casualmente il giorno di Santa Cecilia) l’organista titolare Adriano Falcioni ha tenuto un concerto di inaugurazione con il seguente programma:

  • J. S. Bach: Passacaglia e thema fugatum, BWV 582
  • J. Jongen: Sonata Eroica, op. 94
  • J. S. Bach: Sicilienne dalla sonata per flauto, BWV 1031 (trascrizione di L. Vierne)
  • L. Vierne: Carillon de Westminster, op. 54 n. 6
  • J. S. Bach: Corale “Nun komm, der Heiden Heiland”, BWV 659
  • M. Duruflé: Suite op. 5 (Prelude, Sicilienne, Toccata)

La Passacaglia, eseguita in crescendo, consente fin da subito di apprezzare la varietà timbrica del Tamburini: dopo l’esposizione iniziale del tema al pedale con soli registri di basso (16′ e 8′), si aggiungono i manuali, prima con bordoni e flauti, e poi gradualmente con i principali e le relative file di ripieno. Non mancano alcune parentesi particolarmente recitative con il registro d’oboe. Man mano che la Passacaglia si sviluppa, fanno il loro ingresso anche le ance, fino ad arrivare alla Bombarda 32′, la cui canna più lunga suona proprio nell’ultimo accordo. Il Thema fugatum presenta una progressione simile e, analogamente alla Passacaglia, culmina con un potentissimo Tutti.

La Sonata Eroica di Joseph Jongen permette anch’essa di esprimere la dinamica dello strumento, anche se in modo totalmente diverso da Bach. Si apprezza in particolare la versatilità delle ance, che si rivelano adatte al repertorio romantico e moderno francese.

L’acustica della cattedrale di Perugia non è tra le più semplici da gestire, sono necessari tempi nell’ordine dei secondi affinché il suono si stabilizzi all’interno dell’edificio; il fatto che le canne siano dislocate in corpi diversi rende ancora più complicato il lavoro dell’organista. La potenza dell’organo consente di riempire la chiesa senza problemi, ma al tempo stesso l’acustica impone dei limiti al virtuosismo dell’esecutore soprattutto quando entrano in gioco molte file di canne. Il rischio è che un’esecuzione troppo veloce produca un suono confuso a causa della sovrapposizione di troppi suoni che insistono a riflettersi tra le pareti della cattedrale.

Il delicato Siciliano di Bach, nella trascrizione per organo di Louis Vierne, evidenzia le potenzialità recitative dell’organo sia con l’ancia Voci corali che con il semplice registro di Principale, il quale presenta una sonorità che si sposa perfettamente anche con la musica romantica francese. Ne è dimostrazione l’opera successiva, Carillon de Westminster, che inaspettatamente attacca alla fine del brano precedente, quasi senza interruzione. L’organista si muove con sicurezza tra le tastiere e i pedali di questo strumento, gestendone anche le numerose combinazioni programmabili; nel caso del Carillon, anche le casse espressive mostrano chiaramente la loro efficacia.

A seguire, nel corale di Bach BWV 659, il canto è affidato ai registri di mutazione e si apprezza in particolare una terza piuttosto forte, ben adatta al repertorio barocco tedesco e francese.

Chiude il programma la Suite di Duruflé che, nella sua complessità, mette alla prova il Tamburini (e ovviamente pure l’organista) su tutti i fronti: dinamico, timbrico e recitativo.

Adriano Falcioni ha dimostrato ottima conoscenza e padronanza dello strumento; ogni partitura è stata preparata nei minimi dettagli anche dal punto di vista della registrazione, un fattore importante quando si parla di organi che dispongono di una tavolozza timbrica così ampia.
Le combinazioni scelte, oltre ad aver messo in evidenza le capacità sinfoniche dell’organo, hanno mantenuto alta l’attenzione del pubblico anche nel caso delle composizioni più complesse in programma come la Sonata Eroica di Jongen, la Suite op. 5 di Duruflé e anche la Passacaglia, in cui ad ogni variazione di Bach, l’organista ha fatto corrispondere una variazione timbrica. Quest’ultimo caso è particolarmente interessante perché attualmente, per motivi legati alla cosiddetta (e supposta) prassi esecutiva autentica, è molto raro poter ascoltare esecuzioni suggestive come quella di Falcioni, vicina, se vogliamo, alle storiche interpretazioni di Karl Richter, Helmut Walcha e Fernando Germani. Sempre più spesso, invece, la Passacaglia viene eseguita con l’organo pleno praticamente dall’inizio alla fine, con minime variazioni di registrazione, producendo un risultato sì interessante ma a mio avviso decisamente meno coinvolgente.

In definitiva, questo Tamburini si rivela uno strumento eclettico che si presta bene all’esecuzione dei capolavori romantici francesi (Franck, Guilmant e anche Vierne e Widor), grazie alle recenti aggiunte nel comparto ance. Le numerose file di ripieno, nonché la presenza del registro di Voce umana, rendono possibile anche l’esecuzione del repertorio italiano. I registri di mutazione, sia semplici che composti come Sesquialtera e Cornetto, insieme con la buona dotazione di flauti, permettono infine di eseguire gran parte della musica tedesca a partire dal periodo barocco.


Organo Tamburini, Cattedrale di S. Lorenzo, Perugia (1967)

Corpo d'organo del transetto
Corpo d’organo del transetto (foto tratta dal sito della ditta organaria Pietro Corna).

Il monumentale organo della cattedrale di S. Lorenzo è stato costruito dalla Pontificia Ditta Cav. Giovanni Tamburini di Crema su progetto di Fernando Germani che lo inaugurò il 14 settembre 1967. Lo strumento è collocato in due distinti corpi sonori: uno nell’abside che comprende il “Positivo”, il “Grand’Organo” e “Pedale”; l’altro nel transetto di sinistra con “Recitativo Espressivo”, il “Solo Espressivo” e un’altra sezione del “Pedale”. Le canne sono in numero 5178 suonanti, facenti capo a 141 placchette di cui 87 registri sonori e un sistema di 8 combinazioni libere per 103 diversi banchi di memoria. L’intervento di restauro, durato più di un anno e affidato alla ditta Pietro Corna, ha riguardato pulitura e manutenzione straordinaria, intonazione e accordatura, miglioramento fonico strutturale con l’aggiunta del nuovo registro di Open Diapason 8′ e delle Trombe ad alta pressione di 16′-8′-4′ su misure Cavaillé-Coll (i nuovi registri sono contrassegnati da un asterisco nella disposizione fonica che segue).

Disposizione fonica

I. Positivo (61 note)
Abside
Principale 8′
Ottava 4′
XV (Decimaquinta) 2′
Ripieno 4 file 2′
Quintadena 8′
Flauto a camino 4′
Flauto in XII 2 2/3′
Ottavino 2′
Flauto in XVII 1 3/5′
Piccolo 1′
Cromorno 8′
Tromboncino 8′

Tremolo

III. Recitativo espressivo (61 note)
Transetto
Principalino 8′
Ottava 4′
Ripieno 5 file 2′
Bordone 16′
Bordone 8′
Viola dolce 8′
Flauto armonico 4′
Flautino 2′
Sesquialtera 2 file 2 2/3′-1 3/5′
Viola Celeste 2 file 8′
Tromba armonica 8′
Oboe 8′
Voci corali 8′
Tromba chamade 8’*

Tremolo

IV. Solo (61 note)
Transetto
Diapason 8′
Ottava 4′
Ripieno 5 file 2′
Flauto dolce 8′
Quintadena 4′
Cornetto 3 file 2 2/3′-1 3/5′
Fagotto 16′
Tromba dolce 8′
Tromba chamade 16’*
Tromba chamade 8’*
Tromba chamade 4’*

Tremolo

II. Grand’organo (61 note)
Abside
Principale 16′
Open Diapason 8’*
Principale dolce 8′
Ottava 4′
XII (Duodecima) 2 2/3′
XV (Decimaquinta) 2′
XVII (Decimasettima) 1 3/5′
XIX (Decimanona) 1 1/3′
XXII (Vigesimaseconda) 1′
Ripieno grave 5 file 2′
Ripieno acuto 6 file 1 1/3′
Flauto traverso 8′
Corno camoscio 8′
Flauto in VIII 4′
Voce umana 8′
Tromba 8′
Chiarina dolce 8′
Chiarina dolce 4′

Transetto (espressivo)
Diapason 8′
Ottava 4′
Ripieno 5 file 2′
Flauto dolce 8′
Tromba 8′

Pedale (32 note)
Abside
Principale acustico 32′
Principale 16′
Ottava 8′
XV (Decimaquinta) 4′
Ripieno 6 file 2 2/3′
Contrabbasso 16′
Corno di notte 16′
Basso 8′
Corno di notte 8′
Bombarda 32′
Trombone 16′
Tromba forte 8′
Cromorno 8′
Clarone 4′
Claroncino 2′

Transetto
Subbasso 32′
Principale 16′
Subbasso 16′
Bordone amabile 16′
Bordone 8′
Bordone amabile 8′
Flauto tappato 4′
Fagotto 16′
Fagotto 8′
Fagotto 4′

Unioni e accoppiamenti
Unione I-P, Unione II-P, Unione III-P, Unione IV-P, Acuta I-P, Acuta II-P, Acuta III-P, Acuta IV-P;
Unione III-I, Unione IV-I, Grave IV-I, Grave III-I, Grave I, Annullatore Unisono I, Acuta I, Acuta III-I, Acuta IV-I;
Unione I-II, Unione III-II, Unione IV-II, Grave IV-II, Grave III-II, Grave I-II, Grave II, Annullatore Unisono II, Acuta II, Acuta I-II, Acuta III-II, Acuta IV-II;
Unione IV-III, Grave IV-III, Grave III, Annullatore Unisono III, Acuta III, Acuta IV-III;
Unione II-IV, Grave IV, Annullatore Unisono IV, Acuta IV.

L’organo di Interstellar

21 novembre 2014 Lascia un commento

È abbastanza raro poter udire il suono dell’organo nelle sale cinematografiche; volendo evitare di andare molto a ritroso nel tempo, possiamo ricordare il caso di Mission to Mars (musiche di Ennio Morricone, 2000). Quando poi ad esso viene riservato un ruolo centrale e dominante in tutta la colonna sonora, siamo di fronte a casi unici, come quello di Interstellar di Christopher Nolan.

Le musiche sono state composte da Hans Zimmer con l’aiuto di campioni audio preregistrati, ma alla fine sono state registrate tutte su strumenti reali per volontà dello stesso compositore. In particolare, le registrazioni delle parti d’organo, eseguite da Roger Sayer, sono state effettuate all’organo Harrison & Harrison della Chiesa del Tempio (Temple Church) di Londra.

Copertina del disco

Lo strumento, di tipo sinfonico-eclettico, risale al 1927 e dispone attualmente di 61 registri distribuiti su quattro manuali e pedaliera. Installato originariamente presso la Glen Tanar House Ballroom, Aberdeen, nel 1954 fu donato alla chiesa da Lord Glentanar per sostituire il precedente strumento andato distrutto durante la guerra. In occasione della nuova installazione, venne aggiunto il registro Double Ophicleide 32′ al pedale; lo strumento è stato quindi completamente restaurato tra il 2011 e il 2013, tornando in perfette condizioni proprio pochi mesi prima di venire eletto protagonista del film.


Great (61 note)
Double Geigen 16′
Bourdon 16′
Large Open Diapason 8′
Small Open Diapason 8′
Geigen 8′
Hohl Flute 8′
Stopped Diapason 8′
Octave 4′
Principal 4′
Wald Flute 4′
Octave Quint 2 2/3′
Super Octave 2′
Fifteenth 2′
Seventeenth 1 3/5′
Mixture IV
Mixture II-III
Tromba 8′
Octave Tromba 4′

Pedal (32 note)
Double Open Wood 32′
Sub Bourdon 32′
Open Wood 16′
Open Diapason 16′
Geigen 16′
Bourdon 16′
Violone 16′
Dulciana 16′
Octave Wood 8′
Flute 8′
Octave Flute 4′
Double Ophicleide 32′
Ophicleide 16′
Orchestral Trumpet 16′
Bassoon 16′
Posaune 8′

Swell (61 note)
Quintatön 16′
Open Diapason 8′
Stopped Diapason 8′
Echo Salicional 8′
Vox Angelica 8′
Principal 4′
Fifteenth 2′
Mixture V
Oboe 8′
Tremulant
Double Trumpet 16′
Trumpet 8′
Clarion 4′

Choir (61 note)
Contra Dulciana 16′
Claribel Flute 8′
Lieblich Gedeckt 8′
Dulciana 8′
Salicet 4′
Flauto Traverso 4′
Harmonic Piccolo 2′
Dulciana Mixture III
Cor Anglais 16′
Clarinet 8′
Tuba 8′

Solo (61 note)
Contra Viola 16′
Viole d’Orchestre 8′
Viole Céleste 8′
Harmonic Flute 8′
Concert Flute 4′
Orchestral Hautboy 8′
Tremulant
Double Orchestral Trumpet 16′
Horn 8′
Tuba 8′

Johann Sebastian Bach – Helmut Walcha

19 ottobre 2013 3 commenti
Johann Sebastian Bach all'organo
Stampa di Bach seduto all’organo (1725).
British Museum, autore sconosciuto.
Helmut Walcha all'organo
Helmut Walcha all’organo (da 463 712-2).
Foto: Siegfried Lauterwasser.

Il nome di Helmut Walcha è ben noto alla quasi totalità degli appassionati di musica per organo; l’organista tedesco deve la sua fama principalmente alle incisioni di Bach effettuate tra il 1956 e il 1971 per la casa discografica Deutsche Grammophon, o, per essere precisi, per la sua costola Archiv Produktion.
Affetto fin dalla gioventù da una grave malattia della vista, fu praticamente sempre costretto ad imparare a memoria gli spartiti dopo averli faticosamente decifrati; più avanti negli anni sarà la moglie a fornirgli un prezioso supporto eseguendo per lui le partiture di Bach voce per voce in modo che potesse mandarle a memoria più facilmente; ciò implicò uno studio accuratissimo delle partiture stesse.

1947-1952: il primo integrale monofonico

Walcha fu uno dei primi grandi organisti che si pose il problema della filologia esecutiva barocca. Le sue primissime registrazioni risalgono al 1947 e coincidono con la nascita della stessa Archiv. Uno degli obiettivi della neonata era proprio quello di documentare gli strumenti musicali storici sfuggiti alle devastazioni della seconda guerra mondiale; gli organi antichi rientrano a pieno titolo in questa categoria e anzi rappresentano uno dei patrimoni artistici più delicati e difficili da tutelare: dove non arrivavano le bombe, infatti, spesso arrivavano le razzie al fine di recuperare il metallo delle canne per scopi bellici.
Le incisioni del ’47, di seguito elencate, furono effettuate al “piccolo” organo della Jakobi-Kirche a Lubecca, un gioiello a tre manuali e pedaliera che include anche materiale fonico risalente all’epoca rinascimentale. I dettagli di questo e di tutti gli altri strumenti qui trattati sono disponibili più avanti in quest’articolo e sono tratti in gran parte dai libretti allegati ai cofanetti Archiv 474 747-2 e 463 712-2.

  • Sonate a tre voci n. 1 e n. 6, BWV 525, 530
  • Fantasia e fuga in sol minore, BWV 542
  • Preludio e fuga in do maggiore, BWV 547
  • Preludio e fuga in mi bemolle maggiore »St. Anne«, BWV 552
  • Toccata, adagio e fuga in do maggiore, BWV 564
  • Toccata e fuga in re minore, BWV 565
  • Corali di Schübler, BWV 645-650
  • Clavier-Übung III: BWV 669-671, 676, 678, 680, 682, 684, 686, 688 (für große Orgel)
  • Partite diverse sopra »Sei gegrüßet, Jesu gütig«, BWV 768
Cofanetto edizione giapponese Cofanetto edizione internazionale

Integrale 1947-1952: edizione giapponese e internazionale (10 CD).

Le prime registrazioni che furono messe in commercio dalla Archiv furono quelle dei sei corali di Schübler. All’epoca ancora non esisteva il long playing ma c’erano solo i dischi in gommalacca da 78 giri che potevano contenere al massimo cinque minuti di musica per lato, per cui i sei corali richiedevano ben tre dischi che furono catalogati con i numeri 1001-3. Pochi anni dopo, l’LP monofonico fece la sua comparsa e divenne in breve tempo il supporto più conveniente per distribuire la musica grazie alla maggiore durata e al minore rumore di fondo. Proprio quest’ultimo dettaglio fece sorgere un problema: ci si accorse infatti che sul nuovo supporto era chiaramente udibile il rumore del traffico veicolare che era stato registrato, ovviamente senza volerlo, nella Jakobi-Kirche, mentre prima sui 78 giri esso risultava mascherato dal rumore di fondo. Ciò rese necessaria la ricerca di un sito più tranquillo ove registrare il resto delle composizioni di Bach. La scelta ricadde su uno strumento barocco di piccole dimensioni, l’organo Schnitger della Chiesa dei Ss. Pietro e Paolo a Cappel, villaggio tedesco sul mare dei Wadden, a metà strada tra Cuxhaven e Bremerhaven. Questo strumento a due manuali e pedaliera, di elevato valore storico e miracolosamente risparmiato dalla guerra, presentava caratteristiche foniche più che adeguate all’esecuzione filologica di Bach. La registrazione dell’integrale fu completata nel 1952, anche se di vero e proprio integrale non si può parlare: Walcha decise infatti di non includere le opere di dubbia attribuzione come i piccoli preludi e fughe BWV 553-560, i concerti per organo BWV 592-597 che in realtà sono trascrizioni di concerti di altri autori, e L’arte della fuga, che Walcha all’epoca non riteneva fosse destinata all’esecuzione organistica. Mancano naturalmente anche i corali Neumeister, scoperti solo negli anni ottanta. I quattro duetti BWV 802-805, tratti dal Clavier-Übung III, sono invece presenti ma eseguiti “a sorpresa” al clavicembalo anziché all’organo (non c’è modo di saperlo se non ascoltando il disco).

L’approccio di Helmut Walcha alle composizioni organistiche del Kantor fu chiaro da subito: fedeltà alla partitura, che comporta il rifiuto quasi totale di ogni licenza interpretativa romantica tanto in voga in quegli anni (si pensi alle incisioni di Albert Schweitzer); tempo scandito in modo quasi metronomico, sobrietà negli abbellimenti, e gestione dei registri indirizzata sia all’ottenimento di sonorità particolari, interessanti e talvolta sorprendenti, sia all’evidenziazione della struttura delle composizioni, elemento fondamentale della musica di Bach e, in generale, della musica contrappuntistica. La spettacolarità è una caratteristica quasi del tutto assente in queste interpretazioni; qui l’organista si mette totalmente a servizio del compositore rispettandone ogni notazione con la precisione che si deve a delle partiture che si fondano su studi che potremmo definire “matematici”.

La qualità tecnica è sorprendentemente elevata se si considera che si tratta di registrazioni dell’immediato dopoguerra; certo, il rumore di fondo è ben presente, ma l’intervallo di frequenze registrato è compreso tra 30 e all’incirca 12.000 Hz. Talvolta si nota un po’ di distorsione quando il livello del suono si avvicina al limite superiore di dinamica.

Questo ciclo di incisioni monofoniche era stato reso disponibile in compact disc dalla Archiv solo nel 2003 come cofanetto di 10 CD della serie Original Masters (474 747-2), ma attualmente è fuori catalogo. Anni prima, nel 1992, era stata rilasciata un’edizione destinata al mercato giapponese, sempre in CD (POCA-9002/11). Attualmente è possibile acquistarlo in versione download MP3 o FLAC dal sito Deutsche Grammophon oppure, naturalmente, come rimanenza di magazzino (ad esempio sul Marketplace di Amazon). In alternativa è possibile reperirlo in edizioni economiche di altre case discografiche minori (ad esempio Membran), dato che sono trascorsi più di cinquant’anni dalla prima pubblicazione di queste registrazioni e quindi il copyright della Archiv Produktion è decaduto; bisogna però tenere presente che i nastri originali non lasciano mai la casa discografica madre, pertanto le altre case non possono avervi accesso diretto e si devono accontentare di una copia che per forza di cose sarà di qualità inferiore, magari di poco ma comunque inferiore, rispetto all’originale; ciò significa che, a meno di rimasterizzazioni e rimaneggiamenti del segnale, la qualità audio del download FLAC dal sito Deutsche Grammophon (formato di compressione senza perdita di qualità) dovrebbe essere maggiore rispetto a quella dei CD pubblicati da altre case discografiche.


Kleine Stellwagen-Orgel, St. Jakobi-Kirche, Lübeck

Kleine Stellwagen-Orgel - St. Jakobi-Kirche - Lübeck
Foto tratta dal sito www.holbach-foundation.org.

1467/1515 (Hauptwerk) – 1636-37 (Friedrich Stellwagen: Rückpositiv, Brustwerk, Pedal)

Disposizione fonica all’epoca delle registrazioni: 1947

Hauptwerk
Prinzipal 16′
Oktave 8′
Oktave 4′
Oktave 2′
Rauschpfeife 2fach
Mixtur 2-6fach
Spielpfeife 8′
Rohrflöte 4′
Sesquialtera 2fach
Trommet 8′

Brustwerk
Gedackt 8′
Quintatön 4′
Waldflöte 2′
Zimbel 2fach
Regal 8′
Schalmei 4′

Unioni
Rückpositiv-Hauptwerk
Brustwerk-Hauptwerk
Hauptwerk-Pedal

Rückpositiv
Quintatön 8′
Prinzipal 4′
Oktave 2′
Scharf 4fach
Gedackt 8′
Hohlflöte 4′
Quintflöte 1 1/3′
Trechterregal 8′
Krummhorn 8′

Pedal
Prinzipal 16′
Oktave 8′
Mixtur 4fach
Subbaß 16′
Pommer 8′
Bordun 4′
Nachthorn 1′
Posaune 16′
Dulzian 8′
Trommet 4′
Regal 2′

Intonazione: Kammerton (La = 440 Hz). 4 tremoli.

Arp-Schnitger-Orgel, St. Peter und Paul, Cappel

Arp-Schnitger-Orgel - St. Peter und Paul - Cappel
Foto: Beate Ulich (Wikimedia Commons). Licenza Creative Commons.

Disposizione fonica all’epoca delle registrazioni: 1950-52

Hauptwerk
Quintad 16′
Principal 8′
Hollflöit 8′
Octava 4′
Spitzflöit 4′
Nasat 3′ (2 2/3′)
Gemshorn 2′
Rauschpfeife 2fach
Mixtur 5-6fach
Zimbel 3fach
Trompet 8′

Pedal
Untersatz 16′
Octava 8′
Octava 4′
Nachthorn 2′
Rauschpfeife 2fach
Mixtur 4-6fach
Posaune 16′
Trompet 8′
Cornet 2′

Rückpositiv
Quintad 8′
Gedact 8′
Principal 4′
Flöit 4′
Octava 2′
Siffloit 1 1/2′ (1 1/3′)
Sesquialtera 2fach
Tertian 2fach
Scharff 4-6fach
Dulcian 16′

Unioni
Rückpositiv-Hauptwerk

Accessori
Tremulant
Zimbelstern

Intonazione: Chorton (La = 460 Hz).

1956-1971: l’integrale stereofonico

L’avvento della registrazione stereofonica verso la metà degli anni cinquanta minacciava seriamente di rendere ben presto obsoleto l’integrale appena completato, e così nel 1956, la Deutsche Grammophon/Archiv Produktion decise insieme a Walcha di ricominciare a registrare Bach in stereofonia. Il progetto partì il 9 settembre dello stesso anno con la registrazione dell’Arte della fuga: proprio una delle opere che l’organista aveva volutamente escluso nella precedente edizione. Questa fu la prima registrazione stereofonica in assoluto della Deutsche Grammophon; ascoltandola oggi si può notare come il livello tecnico fosse già molto buono e certamente elevatissimo per l’epoca: spazialità eccellente e buona fedeltà (bassi un po’ poveri ma acuti fino ad oltre 15 kHz); il neo principale è il rumore di fondo non trascurabile ma facilmente tollerabile, anzi a questo proposito è un bene che i tecnici non abbiano filtrato il segnale in fase di rimasterizzazione, contribuendo a preservare la timbrica dello strumento che in questo caso è il validissimo organo Van Hagerbeer/Schnitger della Grote St. Laurenskerk di Alkmaar, città dell’Olanda settentrionale ad una quarantina di chilometri da Amsterdam; non fu possibile infatti registrare a Cappel poiché nel frattempo l’organo era stato danneggiato dall’impianto di riscaldamento della chiesa.
Quando, nel 2006, vi fu un grande revival dell’Arte della fuga, sospinto anche dalla pubblicazione di numerose nuove registrazioni (tra cui quella di Ramin Bahrami al pianoforte che riscosse grande successo), la Deutsche Grammophon colse la palla al balzo rilasciando all’inizio del 2007 un doppio CD (477 6508) contenente proprio questa registrazione, che all’epoca era già vecchia di cinquant’anni, mettendo di fatto in concorrenza Walcha con gli aggiornatissimi interpreti contemporanei.

L'arte della fuga CD serie "The Originals"

Le prime incisioni effettuate allo Schnitger di Alkmaar nel 1956.

Insieme all’Arte della fuga, Walcha registrò anche la famosa toccata e fuga in re minore BWV 565 che ancora oggi è una delle più belle interpretazioni mai incise, il preludio e fuga in do maggiore BWV 547, le sonate a tre voci BWV 525 e 530, la toccata adagio e fuga in do maggiore BWV 564, le partite diverse sopra »Sei gegrüßet, Jesu gütig« BWV 768 e i sei corali di Schübler BWV 645-650 (tre dei quali però in mono); a ben vedere, queste composizioni sono proprio le stesse che erano state registrate per prime a Lubecca nel ’47, incisioni tecnicamente obsolete che urgeva rinnovare.
Successivamente, nel 1962 Walcha integrò le registrazioni con le toccate e fughe BWV 538 »Dorische« e 540, le fantasie e fughe BWV 537 e 542, le fantasie BWV 562 e 572, i preludi e fughe BWV 534, 541, 543, 544, 546, 548 e 552 »St. Anne«, e la passacaglia e fuga BWV 582.

Sei anni dopo, nel 1968, si decise di completare l’integrale iniziato nel ’56 anche se non all’organo di Alkmaar, che tra l’altro iniziava ad accusare seri problemi di funzionamento, ma all’organo Johann Andreas Silbermann (nipote di Gottfried Silbermann) della chiesa di Saint-Pierre-le-Jeune, a Strasburgo, il quale, secondo l’organista, si prestava meglio all’esecuzione delle composizioni sacre grazie alla più ampia disponibilità di registri di flauto opportunamente distribuiti sui i suoi tre manuali e pedaliera. Con l’occasione, si decise di reincidere anche alcuni lavori precedentemente registrati ad Alkmaar, in particolare il preludio e fuga BWV 552 »St. Anne«, i sei corali di Schübler (stavolta tutti in stereo) e le partite diverse sopra »Sei gegrüßet, Jesu gütig«, incisioni, queste, che saranno poi inserite nell’integrale definitivo. Le registrazioni “scartate” sono comunque disponibili come CD separato Archiv 457 704-2, serie The Originals.

Cofanetto prima edizione Cofanetto seconda edizione

Integrale 1956-1971: prima e seconda edizione (12 CD).

Le ultime registrazioni ebbero luogo nel maggio del 1971, portando a completamento un integrale organistico che riscosse e continua a riscuotere grande successo in tutto il mondo, tanto che ne sono state già rilasciate due edizioni internazionali in CD (419 904-2 e 463 712-2, identiche nei contenuti). L’integrale monofonico rimase invece piuttosto in ombra e ancora oggi, come già detto, risulta di non facile reperibilità. Il minore successo è imputabile fondamentalmente alla qualità tecnica delle registrazioni, dato che, con l’avvento della stereofonia, le vecchie incisioni monofoniche vennero irrimediabilmente bollate come imperfette, a prescindere dalla qualità artistica che invece era già di altissimo livello. Nel secondo integrale, Walcha si rivela più rigoroso e misurato rispetto al primo, gestisce ancor più sapientemente i timbri dei suoi strumenti, sia quelli meravigliosamente pieni ed austeri, quasi aspri, dello Schnitger, che quelli più delicati, rotondi e rifiniti dell’organo Silbermann, sperimentando combinazioni di registri che a volte risultano veramente straordinarie come quelle del preludio BWV 535 e delle partite BWV 768, senza contare quelle dell’Orgelbüchlein e degli altri preludi corali.

Negli ultimi decenni lo studio della filologia e della prassi esecutiva barocca ha fatto passi da gigante e di certo le registrazioni di Walcha sono rimaste indietro da questo punto di vista e non sono oggi considerate di riferimento, nemmeno quelle più recenti degli anni settanta; ciò non sminuisce tuttavia il loro indiscutibile valore artistico e storico; proprio a quest’ultimo riguardo è interessante notare che la prima traccia del primo dei dieci dischi presenti nel cofanetto delle incisioni ’47-’52 non è una composizione di Bach ma una serie di improvvisazioni di Walcha all’organo di Cappel, con diverse combinazioni di registri enunciate a voce di volta in volta; impossibile non cogliere il valore documentale di questo quarto d’ora di registrazione, soprattutto a distanza di sessant’anni e dopo un profondo restauro dello strumento.


Frans-Caspar-Schnitger-Orgel, St. Laurenskerk, Alkmaar

Organo Frans Caspar Schnitger della St. Laurenskerk, Alkmaar

Disposizione fonica all’epoca delle registrazioni: 1956-62

Hauptwerk
Praestant 16′
Praestant 8′
Praestantquinte 6′ (5 1/3′)
Octav 4′
Quinte 3′ (2 2/3′)
Octav 2′
Flachflöte 2′
Terzian 2fach
Rauschpfeife 2fach
Mixtur 6fach
Trompete 16′
Viola da gamba 8′
Trompete 4′

Oberwerk
Praestant 8′
Bärpfeife 8′
Rohrflöte 8′
Quintadena 8′
Octav 4′
Floit dous 4′
Spitzflöte 3′ (2 2/3′)
Superoctav 2′
Spielflöte 2′
Sesquialtera 2fach
Scharf 4fach
Zimbel 3fach
Trompete 8′
Oboe 8′
Vox humana 8′

Rückpositiv
Praestant 8′
Quintadena 8′
Hohlflöte 8′
Octav 4′
Flöte 4′
Nasat 3′ (2 2/3′)
Superoctav 2′
Waldflöte 2′
Quinte 1 1/2′ (1 1/3′)
Sesquialtera 2fach
Mixtur 6fach
Zimbel 3fach
Trompete 8′
Fagott 8′
Vox humana 8′

Pedal
Prinzipal 22′ (32′) “extra usum”
Praestant 16′
Rohrquinte 12′ (10 2/3′)
Octav 8′
Quinte 6′ (5 1/3′)
Octav 4′
Nachthorn 2′
Rauschpfeife 3fach
Mixtur 6fach
Posaune 16′
Trompete 8′
Trompete 4′
Cornet 2′

Intonazione: Kammerton (La = 435 Hz).

Johann-Andreas-Silbermann-Orgel, Saint-Pierre-le-Jeune, Strasbourg

Johann-Andreas-Silbermann-Orgel, Saint-Pierre-le-Jeune, Strasbourg
Foto: Ralph Hammann (Wikimedia Commons). Licenza Creative Commons.

Disposizione fonica:

Grand-Orgue (56 note)
Bourdon 16′
Montre 8′
Bourdon 8′
Prestant 4′
Flûte à cheminée 4′
Quinte 2 2/3′
Quarte de Nazard 2′
Cornet 5 rangs (dal c’)
Sifflet 1′
Fourniture 4 rangs (1 1/3′)
Cymbale 3 rangs
Trompette 8′
Clairon 4′

Récit expressif (56 note)
Bourdon 8′
Prestant 4′
Flûte 4′
Sesquialtera 2 rangs
Doublette 2′
Larigot 1 1/3′
Cymbale 3 rangs (1/2′)
Trompette 8′
Voix humaine 8′

Positif de dos (56 note)
Bourdon 8′
Prestant 4′
Nazard 2 2/3′
Doublette 2′
Tierce 1 3/5′
Fourniture 3 rangs (1′)
Cromhorne 8′

Pédale (30 note)
Flûte 16′
Soubasse 16′
Bourdon 16′ (G.O.)
Montre 8′
Flûte 8′
Prestant 4′
Quarte de Nazard 2′
Fourniture 4 rangs (2 2/3′)
Cymbale 2 rangs (2/3′)
Bombarde 16′
Trompette 8′
Clairon 4′

Intonazione: Kammerton (La = 435 Hz).

Siti correlati: Deutsche GrammophonYoungrok LeeAlkmaar OrgelstadBach secondo Walcha (Musicalia-Organalia)

474 747-2 463 712-2

“Orgel-Symphonie”: la terza sinfonia di Saint-Saëns a Berlino

A la Mémoire de Franz Liszt - Troisième Symphonie en ut mineur par Camille Saint-Saëns, Op. 78

Le sinfonie francesi sono cosa rara; basta ripercorrere la storia della musica degli ultimi due o tre secoli per notare che i più grandi e prolifici compositori del genere sinfonico furono tedeschi, slavi, russi, non certo francesi. Camille Saint-Saëns è stato uno dei pochi contributori del sinfonismo tardo-romantico francese insieme a César Franck (che poi a dirla tutta non era nemmeno francese ma belga); la sua terza e ultima sinfonia è sicuramente uno dei componimenti più conosciuti e l’unica a vantare numerose incisioni discografiche. Espressione del sinfonismo classico alla Mendelssohn e Beethoven più che di quello romantico, l’opera è caratterizzata da scelte compositive interessanti, e al suo finale spettacolare in stile fuochi d’artificio spetta senza dubbio un posto importante tra tutte le sinfonie; in generale comunque si pone un gradino più in basso rispetto alle grandi sinfonie beethoveniane; a mio avviso questo paragone non solo è lecito, ma dimostra che anche a distanza di secoli, nel frangente della sinfonia classica, il compositore tedesco non teme confronti.

Componimento piuttosto singolare, questa sinfonia sfugge alla canonica suddivisione in quattro movimenti in uso fino ad allora, puntando su una nuova struttura basata su due soli tempi; in realtà ognuno di questi due movimenti presenta un notevole cambio di direzione esplicitamente indicato in partitura, pertanto in definitiva si ravvisa una ripartizione in quattro movimenti che possono essere considerati legati due a due. Altra particolarità è l’organico, arricchito rispetto a quello classico e che include anche un pianoforte e ovviamente un organo, da cui la denominazione “avec orgue” (con organo) apposta dal compositore.

400 063-2
Cochereau/Karajan (1982)
439 014-2
Cochereau/Karajan (1993)

Le due edizioni di cui si tratterà sono abbastanza vicine nel tempo e in fondo non sono tanto distanti nemmeno dal punto di vista interpretativo. La prima, e più vecchia, è quella diretta da Herbert von Karajan nel 1981, con Pierre Cochereau all’organo; l’altra è diretta da James Levine e all’organo troviamo Simon Preston; è il 1986. In entrambi i casi l’orchestra è la Filarmonica di Berlino; visto il breve lasso di tempo che separa le due incisioni, soli cinque anni, è plausibile che anche gli strumentisti siano in buona parte gli stessi.
Per ciascuna delle incisioni riportiamo qui due copertine in quanto negli anni sono state pubblicate diverse edizioni dello stesso materiale.

Ciò che fa veramente la differenza, oltre naturalmente agli interpreti, sono gli organi protagonisti delle registrazioni. Il grande Pierre Cochereau suona il Cavaillé-Coll di Notre-Dame de Paris, mentre l’organo di Simon Preston è quello della Berlin Philharmonie (per informazioni sullo strumento si rimanda ad un predecente articolo).
A proposito delle parti organistiche, è interessante notare un altro punto in comune tra queste due registrazioni. Sul BBC Music Magazine si menziona il fatto che la registrazione della parte di organo eseguita da Preston è stata effettuata separatamente da quella del resto dell’orchestra¹ e ci si potrebbe domandare il perché di questa scelta visto che l’organo era nello stesso posto dell’orchestra.
C’è di più: nel caso di Karajan e Cochereau la registrazione delle due parti è stata effettuata non solo in tempi diversi ma anche in luoghi diversi; i Berliner infatti non si sono mai mossi dalla capitale tedesca e hanno eseguito la sinfonia senza l’organo, e Pierre Cochereau ha inciso la parte organistica a mille chilometri di distanza.
La scelta di registrare in sessioni diverse, che demanda ad una successiva fase di missaggio l’onere di rimettere insieme i pezzi ed è quindi appannaggio esclusivo delle produzioni discografiche, può infastidire l’ascoltatore in quanto il risultato è inevitabilmente qualcosa di artefatto. Anche se tecnicamente ineccepibile, questo approccio priva gli orchestrali di sensazioni e riferimenti che invece avrebbero in un’esecuzione effettuata nella maniera tradizionale e che potrebbero condizionarne lo sviluppo, per non parlare di chi deve incidere “per secondo”, il quale è totalmente vincolato alla registrazione che dovrà integrare. Detto questo, il risultato finale in questi due casi è comunque di qualità, anzi, se non si fosse a conoscenza di tutta la verità, difficilmente si sospetterebbe il sotterfugio.

Entrambe le interpretazioni sono caratterizzate da tempi abbastanza rilassati. James Levine tira fuori dai Berliner un suono straordinario passando dalla delicatezza del secondo movimento (considerando l’opera divisa in quattro movimenti) alla maestosità dell’ultimo. La voce degli ottoni, più numerosi rispetto alla composizione tipica dell’orchestra sinfonica, risulta nitida e potente. L’organo, dal suono pieno e cristallino, si integra sempre perfettamente con l’orchestra mantenendo comunque una sua autonomia; nel Maestoso finale Preston adotta una registrazione imponente ma grazie ad un buon bilanciamento non ruba la scena all’orchestra e al pianoforte. Le battute conclusive della sinfonia sono dirette un po’ più lentamente di quanto ci si possa aspettare e questa è una delle differenze più apprezzabili tra questa incisione e quella di Karajan, che mediamente è leggermente più lenta di quella di Levine ma nel finale si mantiene piuttosto allegra. Dal punto di vista tecnico la registrazione è eccellente e vanta una dinamica molto estesa; il missaggio tra la registrazione dell’organo e quella dell’orchestra è perfetto. Un’incisione sicuramente raccomandabile e adatta anche a chi è alla ricerca di un punto di partenza per l’ascolto di questa sinfonia. Le due edizioni, di cui si riportano le copertine, sono entrambe in catalogo, tuttavia non c’è ragione di scegliere l’edizione del 1987 in quanto contiene meno materiale di quella del 2012 e viene proposta ad un prezzo maggiore; da un confronto effettuato bit per bit tra le due edizioni risulta che l’audio è perfettamente identico, ad eccezione ovviamente delle Overture di Berlioz non presenti nel disco dell’87, dunque nessuna rimasterizzazione è stata applicata.

Anche la registrazione di Karajan, risalente ai primordi dell’era digitale, è caratterizzata da un’orchestra dal suono eccellente. Nel secondo movimento, Poco adagio sulla carta ma quasi un Largo per Karajan, il suono chiaro e soave dell’organo francese sotto le dita esperte di Pierre Cochereau ci regala dieci minuti profondissimi dimostrando il livello dello strumento; i problemi arrivano invece nel quarto e ultimo movimento: qui l’organo attacca fortissimo, come è giusto, ma il suo suono purtroppo sembra finto, artefatto, pur rimanendo ben sincronizzato e bilanciato con quello dell’orchestra: i toni bassi dello strumento, al quale non mancano registri gravissimi, sono quasi del tutto assenti, forse per via del gran numero di ance che, pur splendide e caratteristiche, sovrastano ogni altro suono. Sicuramente si sarebbe potuto fare di meglio in fase di registrazione e missaggio; un disco che in definitiva non rende giustizia al Cavaillé-Coll parigino, ma che comunque documenta la collaborazione tra due grandissimi artisti, Karajan e Cochereau, che già all’epoca dei fatti erano entrati di diritto nella storia della musica del novecento.

Non si può però concludere un articolo sulle registrazioni della terza di Saint-Saëns senza spendere due parole su quella diretta da Charles Munch nel 1959 con un poco conosciuto Berj Zamkochian all’organo Aeolian-Skinner della Boston Symphony Hall; si tratta di un’interpretazione universalmente riconosciuta come una delle migliori in assoluto. Come è facile immaginare, la registrazione è stata effettuata in un’unica ripresa, evitando operazioni di montaggio sicuramente complicate per l’epoca; la cosa interessante è che i tecnici della RCA hanno pensato di utilizzare tre microfoni e non due come normalmente si faceva (e talvolta si fa ancora oggi) per registrare in stereofonia, ciò ha permesso il rilascio, nel 2004, di un’edizione in Super Audio CD che sfrutta tutti i vantaggi della registrazione a tre canali (sinistro, centrale e destro); trattandosi di un SACD ibrido, è sempre possibile riprodurlo anche con un normale lettore CD, ovviamente come downmix a due canali stereo. Quest’edizione risulta di buona qualità tecnica, ai limiti di quanto era possibile negli anni 50: la risposta in frequenza è compresa grosso modo tra 16 e 20.000 Hz, il bilanciamento tra le varie sezioni dell’orchestra non è proprio perfetto (talvolta gli ottoni risultano un po’ più forti del dovuto), lo è invece quello tra organo e archi. Il rumore di fondo è presente e si nota specialmente nel Poco adagio, dovrebbe comunque risultare sopportabile e non sembra sia stato ridotto artificiosamente. In generale il suono è naturale; se sono stati applicati filtri o equalizzazioni in fase di rimasterizzazione, la cosa è stata fatta in modo molto discreto.
Assolutamente da evitare è invece la precedente edizione del 1993, pubblicata in CD sempre da RCA e caratterizzata da un suono cupo e spesso fortemente distorto, basta ascoltare l’incipit del Maestoso per rendersene immediatamente conto. È probabile che in questo caso la rimasterizzazione (se così la si può definire) non sia stata effettuata a partire dai nastri originali ma da una copia di minore qualità, dato che anche i toni acuti risultano nettamente attenuati a parità di rumore di fondo.

(¹) BBC Music Magazine, marzo 2008. Estratto disponibile sul sito Presto Classical.

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Le messe di Couperin: Peter Hurford

26 gennaio 2013 1 commento
Copertina dell'album

Pubblicato da Decca nel 1997, il doppio CD con le messe per organo di François Couperin eseguite da Peter Hurford è fuori catalogo da ormai quasi un decennio, un vero peccato in quanto, oltre a costituire un’interessante digressione dell’organista inglese dal repertorio bachiano e romantico per il quale è molto conosciuto, è testimonianza della prassi esecutiva dell’epoca in cui è stato inciso, ossia all’inizio degli anni ’80 (1983-1984 per l’esattezza), in cui già si nota un particolare interesse nel ricercare l’esecuzione autentica o “storicamente informata”, definizione a mio parere orribile e non a caso posta tra virgolette. A questo proposito si noti che la presente incisione è completa anche delle parti gregoriane, come quella di Adriano Falcioni (Brilliant, 2012) esaminata il mese scorso in un precedente articolo.

Lo strumento scelto è l’organo barocco francese della chiesa di Saint-Pierre des Chartreux di Tolosa, realizzato da Robert Delaunay nel 1683, ampliato da Jean-Baptiste Micot e Joseph Isnard nel ‘700 e, dopo ulteriori modifiche, restaurato da Gerhard Grenzing nel 1983 con l’intento di ripristinarne le caratteristiche foniche originarie. Uteriori informazioni sullo strumento sono disponibili sul sito del festival Toulouse les Orgues.
Il temperamento, definito genericamente inégal nelle specifiche dell’organo, sembra essere un qualche genere di mesotonico modificato e con tutta probabilità non corrisponde a quello originario. Le terze risultano temperate, non pure come ad esempio quelle del Clicquot di Poitiers (la differenza tra i due strumenti in questo senso risulta tangibile); inoltre non sembrano essere presenti intervalli particolarmente dissonanti, il che alimenta l’idea che sia stato adottato un buon temperamento. Tutto questo naturalmente si riferisce alla presente registrazione, nulla esclude che negli anni l’organo sia stato riaccordato secondo un temperamento diverso, come sembrerebbe ascoltando una registrazione del 2010 disponibile su YouTube e curata da Pipedreams.
Dal punto di vista timbrico, lo strumento dispone di tutto quanto occorre per eseguire queste messe alla maniera filologica: tutti i registri specificati dal compositore stesso, una grande disponibilità di mutazioni, ripieni acuti e gravi, e ance; queste ultime risultano leggermente stridule se confrontate con quelle di altri organi classici francesi, specialmente nel registro acuto.

Hurford, come anticipato, evita registri che all’epoca di Couperin non erano ancora presenti negli organi francesi, come ad esempio la Bombarda 16′. Se da un lato ciò ci regala un’esecuzione più vicina a quella autentica, dall’altro non viene sfruttata tutta la tavolozza timbrica e la dinamica dello strumento. Rimanendo in tema di prassi esecutiva, Peter Hurford, così come Gillian Weir, non adotta la pratica delle notes inégales; mentre invece Adriano Falcioni e Jean-Baptiste Robin abbracciano questo ben noto stile interpretativo francese (cfr. Weir, Robin e Falcioni).
I tempi sono un po’ dilatati rispetto alla media, in effetti questa incisione è la più lunga tra quelle che ho avuto modo di ascoltare, appena citate; ciò permette di apprezzare i dettagli della partitura senza sconfinare nel noioso; l’acustica inoltre aggiunge un modesto riverbero senza danneggiare la chiarezza dell’esecuzione.
Tra i brani più interessanti vi sono i Dialogues che mettono in evidenza i bei timbri dello strumento seicentesco, insieme con gli Offertoires che possono essere considerati veri e propri componimenti a sé stanti. In definitiva l’esecuzione è precisa, lineare, sobria, “inglese”.

In festis primae classis

La direzione di Edward Higginbottom delle parti cantate è abbastanza lenta e talvolta può risultare noiosa, specie per un orecchio poco allenato a questo genere di musica; per il resto non si eccepisce nulla di particolare.
Nel caso della Messe pour les paroisses, il cantus planus è affidato alle voci maschili del Choir of New College Oxford ed è costituito dal Cunctipotens genitor Deus per scelta dello stesso Couperin.
Per la Messe pour les Couvents, che non prevede un canto specifico, Higginbottom adotta un cantus planus molto in uso all’epoca di Couperin: In festis primae classis, dal Graduale romano-monasticum di Guillaume-Gabriel Nivers (da pag. 377), eseguito dalle voci femminili dell’Oxford Chamber Choir.

Entrambe le messe sono registrate in digitale. La qualità tecnica è discreta anche se un cattivo bilanciamento dei toni medio-bassi nella registrazione della Messe pour les paroisses (CD 1) rende quasi inascoltabile la Tierce en taille (Gloria VI) e piuttosto fastidioso il meditativo Chromhorne en Taille (Benedictus); in particolare alcune note del pedale¹ coprono praticamente tutto il resto, mentre altre note sempre al pedale si odono appena. È presente anche un difetto all’inizio del Dialogue sur les Trompettes (Gloria IV)², una breve interruzione forse dovuta ad un problema con il registratore o ad un taglio fatto male. Migliore risulta invece la registrazione della Messe pour les couvents (CD 2), sia sul piano del bilanciamento che per quanto riguarda la spazialità.

L’album include un libretto con interessanti note su Couperin redatte da Higginbottom (manca la lingua italiana), informazioni storiche sull’organo a cura del suo ultimo restauratore Gerhard Grenzing, e la disposizione fonica, riportata anche in fondo a quest’articolo.

Anche se fuori catalogo, questo doppio CD può essere reperito sul Marketplace di Amazon oppure presso altri negozi online; personalmente sono riuscito a trovarne una copia nuova sul sito greco Studio 52 semplicemente cercando con Google il codice a barre del prodotto (028945502625). ArkivMusic, negozio online specializzato in dischi di classica di difficile reperibilità, ha licenza di “ristampare” e vendere quest’album così come tanti altri dischi fuori catalogo, è però bene sapere che si tratta di copie masterizzate su CD-R (da loro chiamati ArkivCD) e non stampate come i dischi originali. Notare che ArkivMusic vende questi ArkivCD anche sul Marketplace di Amazon nella sezione del nuovo.

(¹) in particolare il re2 alla frequenza di 139 Hz.
(²) CD 1, traccia 9, minuto 0’35”.


Organo Delaunay / Micot di Saint-Pierre des Chartreux, Tolosa (1683)

Organo Delaunay/Micot di Saint-Pierre des Chartreux, Tolosa (1683)
Foto: BastienM, 2008. Licenza Creative Commons.

Disposizione fonica dell'organo Delaunay/Micot di Saint-Pierre des Chartreux, Tolosa (1683)

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Le messe di Couperin: Adriano Falcioni

10 dicembre 2012 1 commento
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Dopo aver messo a confronto qualche mese fa due registrazioni delle messe per organo di Couperin, quella di Gillian Weir del 1973 e quella più recente di Jean-Baptiste Robin (2004), oggi aggiungiamo ad esse una terza registrazione di queste composizioni: quella di Adriano Falcioni all’organo della chiesa di Santa Maria della Neve a Senigallia, un doppio CD inciso nei primi mesi di quest’anno e pubblicato da Brilliant Classics all’inizio di novembre.

È noto che le composizioni per organo francesi richiedono un largo uso di registri ad ancia, ed è altrettanto noto agli intenditori che gli organi italiani, a differenza di quelli francesi e iberici, non sono storicamente famosi per le loro ance¹; molti dei nostri strumenti antichi non ne disponevano neppure e si puntava tutto sul carattere forte e personale del ripieno e dei principali². Il moderno organo protagonista di questa registrazione rappresenta un’eccezione in questo senso, dispone infatti di sette registri ad ancia caratterizzati da un timbro spiccato e brillante, rotondo ma in alcuni casi anche aspro; la ricchezza di armonici è tale da richiamare non solo le sonorità francesi ma talvolta addirittura quelle spagnole, grazie anche all’attacco deciso. La presenza di un forte registro di terza (la fila acuta della Sesquialtera) rende lo strumento ancora più adatto all’esecuzione di Couperin. La mancanza di registri specifici (è il caso, ad esempio, della Voix humaine) viene abilmente compensata dall’organista mediante opportune combinazioni. Costruito nel 2001 dalla fabbrica Fratelli Pinchi – Ars Organi, lo strumento è ben temperato e a trasmissione completamente meccanica.

L’esecuzione di Falcioni è avvincente: l’organista procede con un buon ritmo senza perdere in chiarezza; il fraseggio è molto curato così come la scelta dei registri e la conseguente dinamica. Il Gloria della Messe pour les paroisses permette di apprezzare subito le qualità delle ance del Pinchi; notevole la meditativa Tierce en taille (Gloria VI) e l’Offertoire, da cui emerge buona parte della timbrica dell’organo. Il Chromhorne en taille (Benedictus), probabilmente concepito anche per l’elevazione, risulta commovente nella sua semplicità e insieme con il Chromhorne sur la taille (Gloria V) della Messe pour les couvents è da ascoltare con l’ausilio di altoparlanti o cuffie di qualità al fine di poter cogliere la voce profonda e al tempo stesso eterea del Bordone 16′ che dal basso sorregge l’armonia. Molto evocativa anche la Tierce en taille (Elevation). Tante altre perle si nascondono all’interno dei brani non citati; i due dischi scorrono come l’olio e li si apprezza di più ad ogni successivo ascolto.

Le parti gregoriane sono eseguite dal gruppo vocale femminile Armoniosoincanto diretto da Franco Radicchia. Il canto procede speditamente e le eleganti voci si intrecciano armoniosamente con la partitura organistica. La Messe pour les paroisses alterna all’organo il canto gregoriano Cunctipotens genitor Deus che era quello ufficialmente adottato dalle parrocchie per le solennità principali, con l’aggiunta delle seguenti parti non contemplate dalla partitura del compositore francese: Introitus e Communio, tratti dall’Officium de S. P. N. Francisco ad missam, e Credo Angelorum (canto fratto) proveniente da un manoscritto dei codici di Trento.
La Messe pour les Couvents non prevede invece un canto specifico, una scelta pensata per lasciare libera scelta alle singole comunità religiose. In questo caso è stata scelta come integrazione la Missa Sexti Toni di Henry Du Mont, anch’essa ben nota al tempo di Couperin. Completano la messa l’Introitus “Quasi modo” della Hebdomada secunda Paschae e il Communio “Diffusa est gratia” dalla Commune Beatae Mariae Virginis.

La registrazione, effettuata in digitale, è di eccellente qualità. L’acustica della chiesa è molto gradevole e, grazie all’ottima ripresa, ogni nota è distinguibile insieme col proprio timbro; ascoltando in cuffia spesso è perfino possibile localizzare la posizione delle canne. Si rileva un solo piccolo difetto nell’Offertorium della Messe pour le paroisses³, forse un taglio non proprio perfetto, nulla comunque di davvero rilevante.

Il libretto dell’album contiene delle note relative alle due messe a cura del direttore Franco Radicchia e le informazioni tecniche sullo strumento, riportate anche in fondo a questo articolo.

In definitiva si tratta di un’edizione molto valida; i puristi dell’esecuzione filologica potrebbero obiettare che, nonostante le caratteristiche foniche già discusse, lo strumento scelto non sia quello più indicato, ma in ogni caso chi cerca un’esecuzione chiara e briosa non potrà che essere soddisfatto da quest’album. Chi desidera ascoltare un organo classico francese può provare ad orientarsi sull’esecuzione di Jean-Baptiste Robin all’organo Clicquot della cattedrale di Poitiers (Naxos, non include le parti gregoriane), anche se, purtroppo, a scapito della chiarezza del suono per via del notevole riverbero presente; va notato inoltre che anche quel Clicquot non è dell’epoca di Couperin, essendo stato realizzato solo nel 1790.

(¹) Per un modesto approfondimento si rimanda a questa monografia tratta dall’Enciclopedia Treccani. (²) Un’interessante eccezione è costituita dai Tromboncini.
(³) CD 1, traccia 17, minuto 2’44”.


Dettagli dell’album

Compositore: François Couperin Titolo: Mass for the Parishes / Convents
Artista: Adriano Falcioni Casa discografica: Brilliant Classics
Coro: Gruppo Vocale Armoniosoincanto Direttore: Franco Radicchia
Codice prodotto: 94333 Numero di dischi: 2
Data registrazione: feb.-mar. 2012 DDD Data di uscita: novembre 2012
Package: 2 CD Jewel-Case EAN-13: 5028421943336

Organo Pinchi della chiesa di Santa Maria della Neve a Senigallia (2001)

Organo Pinchi della chiesa di S. Maria della Neve a Senigallia (2001)
Foto: Parrocchia S. M. della Neve, per gentile concessione di F.lli Pinchi – Ars Organi.

Organo a tre manuali. I e III tastiera di 54 note Do-fa. II tastiera di 61 note Do-do. Pedaliera di 30 note Do-fa. Meccanica sospesa per i manuali, a leva per il pedale e i registri. Registri totali: 27, file totali: 38, canne totali: 1.965. La3: 440 Hz.

Disposizione fonica

I. Positivo
Principale violino 8′
Bordone amabile 8′ (legno)
Flauto a becco 4′ (legno)
Principale 2′
Sesquialtera II 2 2/3′-1 3/5′
Cimbalo III 1′
Cromorno 8′
Clarone 4′

II. Grand’organo
Bordone 16′
Principale 8′
Flauto a camino 8′
Ottava 4′
Nassat 2 2/3′
Ottavino armonico 2′
Mistura IV-VI 2′
Tromba 16′
Tromba 8′

III. Recitativo
Bordone 8′
Cornetto IV 4′
Dulciana orizzontale 8′ (legno)
Tromba 8′

Pedale
Contrabbasso violone 16′
Bordone 16′
Principale 8′
Flauto a cuspide 8′
Basso corale 4′
Trombone 16′

Unioni
I-8′ Ped.
II-8′ Ped.
III-8′ Ped.
III-4′ Ped.
III-2′ Ped.
I-II
III-II

Copertina posteriore

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Franck: Complete Organ Music – Adriano Falcioni

6 settembre 2012 Lascia un commento
Copertina dell'album

Uscito da poche settimane, questo doppio CD della Brilliant Classics contiene l’integrale organistico di César Franck¹ registrato in digitale dall’italiano Adriano Falcioni. L’organo, anch’esso italiano, è il Mascioni della basilica di Santa Maria degli Angeli in Assisi. Un disco importante che va ad aggiungersi al già interessante catalogo della casa discografica olandese.

La scelta dello strumento è insolita: registrare Franck con un organo sinfonico italiano di costruzione relativamente recente non è certo la prima cosa che viene in mente. In effetti dal punto di vista timbrico è chiaro che non ci troviamo di fronte ad un Cavaillé-Coll, tuttavia questa non è una pecca: la scelta dei registri operata dall’organista ternano è ben studiata e molto varia, discostandosi talvolta dalle prescrizioni del compositore e sperimentando le potenzialità fornite dallo strumento italiano. Non ci troviamo quindi di fronte al solito disco di Franck, suonato ad un Cavaillé-Coll, magari quello di cui egli stesso fu organista titolare oppure quello meglio preservato, ma al desiderio di scoprire nuove possibilità e nuovi punti di vista.

Adriano Falcioni non corre contro il tempo e rispetta sempre l’acustica della chiesa; grazie al riverbero mai eccessivo, le note di Franck risultano ben definite e non si ricade nel “minestrone sonoro” che caratterizza invece tante altre incisioni di organo sinfonico.

Della Fantasia in do maggiore è particolarmente interessante il secondo movimento, Allegretto cantando, in cui il pedale crea un’atmosfera perfetta e la tromba del recitativo è dolce al punto giusto. Il breve terzo movimento, Quasi lento, è una rivelazione: l’organista sperimenta una registrazione del tutto nuova dalla quale scaturisce un bellissimo finale in cui riecheggiano timbri di ance delicate e potenti flauti al pedale, incluso il Basso acustico 32′. L’Adagio, che conclude la fantasia, è interessante per la scelta di un dolce registro oscillante, probabilmente Voce celeste, dato che si tratta di un registro ad anima molto diverso dalla francese Voix humaine² prescritta da Franck; qualche volta il basso al pedale diventa un po’ troppo forte e tende a sovrastarla ma comunque il risultato è gradevole.

Il Grande Pièce Symphonique risulta ben bilanciato, ogni voce mantiene la propria importanza senza mai essere messa decisamente in secondo piano. L’organista dà continuità all’esecuzione e ricerca la consequenzialità del dialogo tra i temi, come è giusto quando si affronta un componimento che si definisce sinfonico. Il primo movimento, Andantino serioso, è caratterizzato da un piacevolissimo pedale che fa da contraltare alle delicate sonorità delle tastiere. Segue l’Allegro ma non troppo e maestoso, in cui le scelte dei timbri e del tempo favoriscono un bel fraseggio; basso qualche volta un po’ invadente; molto bella la scelta di registri di forte personalità nella parte conclusiva. Interessanti scelte timbriche anche nel terzo movimento, Andante, dove al positivo troviamo una combinazione molto dolce con tremolo che lascia spazio all’elaborato accompagnamento; ottima l’atmosfera creata dal pedale.

Interpretazioni interessanti e originali anche per quanto riguarda gli altri componimenti, in particolare il Cantabile e la Pastorale sono caratterizzati da sonorità ricercate e chiarezza espositiva, e nella bellissima Prière troviamo timbri splendidi: un principale forte ma non esagerato e un pedale perfetto che, unitamente ad un tempo particolarmente calmo, ci regalano un esecuzione di rara profondità. Nell’altra fantasia, in la maggiore, ritroviamo più volte la Voce celeste in luogo della Voix humaine.

Nel libretto non sono presenti informazioni dettagliate sull’organo ma mi sono state gentilmente inviate su richiesta sia dalla fabbrica Mascioni che dallo stesso organista; sono riportate alla fine di quest’articolo e sono state rese disponibili anche sul sito della casa discografica. Lo strumento non dispone né di registri ad ancia di 32′ né di registri ad anima della stessa altezza; a questo proposito va detto che Franck non prescrive mai l’adozione di ance di 32′ nei suoi pezzi, anche se sovente gli organisti si prendono questa licenza per conferire una sonorità più spettacolare soprattutto ai finali del Grande Pièce Symphonique e dei Corali I e III. L’assenza di un registro ad anima di 32′ è invece più rilevante in quanto spesso il compositore raccomanda l’adozione di un bordone o comunque di un fondo di 32′; si può sopperire a questa mancanza con il Basso acustico 32′ (v. disposizione in fondo a quest’articolo), ma bisogna considerare che, non essendo un registro di 32′ reali, presenta caratteristiche foniche un po’ particolari.
Le condizioni dell’organo sono buone; in qualche caso si nota che l’intonazione non è perfetta ma ciò potrebbe anche dipendere dalla modalità di accordatura, ad ogni modo nulla danneggia la qualità dell’interpretazione di Falcioni.

Dal punto di vista tecnico i due dischi non presentano anomalie in generale, la registrazione è di alta fedeltà³, dinamica e spazialità sono ottime e il suono è sempre nitido e brillante, anche se, come già accennato, i toni medio-bassi risultano talvolta un po’ troppo amplificati e possono diventare invadenti in presenza di alcune armoniche nell’intervallo di frequenze compreso all’incirca tra 100 e 130 Hz. Un piccolo difetto è presente al minuto 10’17” della Fantasia in la maggiore (CD 2), si tratta di un piccolo salto, come se la registrazione si fosse interrotta per una frazione di secondo.

In conclusione, quest’integrale è sicuramente un album innovativo, che ci permette tra l’altro di conoscere un interessante strumento di casa nostra come il Mascioni di Santa Maria degli Angeli in Assisi, e che dimostra per l’ennesima volta come non sia necessario seguire pedissequamente la filologia musicale per ottenere risultati di valore. Il prezzo ridottissimo (meno di 10 euro) ne fa non solo un album irrinunciabile in tutte le collezioni in cui manchino le opere per organo di César Franck, ma anche un’interessante aggiunta per gli scaffali dei cultori di musica organistica.

(¹) Non sono incluse le composizioni per armonium.

(²) Il registro Voix humaine (o Vox humana) è un registro ad ancia e in questo differisce molto sia dal registro italiano Voce umana, che dal registro di Voce celeste (entrambi presenti in quest’organo); questi ultimi infatti sono ambedue registri oscillanti ad anima. Per una trattazione più completa si consigliano le pagine del maestro Federico Borsari relative ai Registri oscillanti e alla Voce umana.

(³) L’intervallo di frequenze registrate va da 30 Hz a 22 kHz. Frequenze al di sotto dei 30 Hz non sono rilevanti in quanto il tono più grave che strumento può emettere è il do di circa 32 Hz (16′). Offset in continua (DC) assente.


Dettagli dell’album

Compositore: César Franck Titolo: Complete Organ Music
Artista: Adriano Falcioni Casa discografica: Brilliant Classics
Codice prodotto: 94349 Numero di dischi: 2
Data della registrazione: aprile 2011 DDD Data di uscita: luglio 2012
Package: 2 CD Jewel-Case EAN-13: 5028421943497

L’organo Mascioni della Basilica di Santa Maria degli Angeli in Assisi

Il grande organo dell’abside della Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli è l’opera 802 della “Famiglia Artigiana Vincenzo Mascioni” di Cuvio, presso Varese. Esso è stato completato nel 1961 ed è composto di 4 tastiere di 61 tasti C-c”” e pedialiera di 32 C-g’. Nel suo complesso dispone di 68 registri reali, con un totale di 4634 canne, 22 registri meccanici per unioni e accoppiamenti, 11 annullatori, 65 pistoncini, 18 pistoni, 4 staffe per crescendo ed espressioni, ecc.. Il tutto è comandato da una consolle mobile, posta solitamente in coro dietro l’altare, e si avvale di una trasmissione a sistema elettrico diretto. Strutturalmente l’organo è disposto in 5 corpi situati nel coro con due grandi prospetti e comprende anche un “organo eco” situato nella cupola. Grazie a queste caratteristiche lo strumento permette una vasta gamma di colori sonori ed effetti altamente suggestivi.

Disposizione fonica

I. Positivo
Principale 8′
Corno di notte 8′
Viola dolce 8′ (¹)
Corno camoscio 4′
Flauto cuspide 4′
Nazardo 2 2/3′
Flagioletto 2′
Decimino 1 3/5′
Piccolo 1′ (²)
Ripieno 5f. 2′
Cornetto (combinato)
Cromorno 8′
Unda maris 8′
Tremolo

II. Grand’organo
Principale 16′
Principale I 8′
Principale II 8′
Flauto traverso 8′
Dulciana 8′
Ottava 4′
Flauto camino 4′
Duodecima 2 2/3′
XV (Decimaquinta) 2′
XIX (Decimanona) 1 1/3′
XXII (Vigesimaseconda) 1′
Ripieno grave (combinato)
Ripieno acuto 6f. 1 1/3′
Cornetto 3f. 2 2/3′
Tromba 16′
Tromba 8′

Voce umana 8′
Campane

III. Recitativo
Bordone 16′
Diapason 8′
Bordone 8′
Viola di gamba 8′
Salicionale 8′
Ottava 4′
Flauto armonico 4′
Sesquialtera 2 2/3′
Silvestre 2′
Flauto in XIX 2 2/3′ (³)
Ripieno 5f. 2′
Tromba armonica 8′
Oboe 8′
Cromorno 8′ (¹)
Trombina 4′ (²)

Voce celeste 8′
Coro viole 3f. 8′
Tremolo

IV. Eco
Bordone d’eco 8′
Eolina 8′
Flauto 4′
Ottava eolina 4′
Flautino 2′
Voce eterea 8′
Voce angelica 8′
Tremolo

Pedale
Basso acustico 32′
Contrabbasso 16′
Principale 16′
Subbasso 16′
Bordone 16′
Basso 8′
Principale 8′
Corno camoscio 8′
Bordone 8′
Bordone d’eco 8′
Quinta 5 1/3′
Ottava 4′
Flauto 4′ (²)
Superottava 2′
Ripieno 6f. 2 2/3′
Controfagotto [Bombarda] 16′ (⁴)
Fagotto [Trombone] 8′ (⁴)
Clarina [Clarone] 4′ (⁴)

Campane

Unioni e accoppiamenti
I 8 Ped.
II 8 Ped.
III 8 Ped.
IV 8 Ped.
IV 8 I
III 8 I
IV 8 II
III 8 II
I 16 I
I 4 I
III 4 I
II 4 II
I 4 II
I 16 II
I 4 II
III 16 II
III 4 II
III 4 III
Piano aut. Ped.

(¹) non presente nella documentazione fornita da Mascioni
(²) presente solo nella documentazione fornita da Mascioni
(³) la documentazione fornita da Mascioni riporta 1 1/3′
(⁴) I nomi racchiusi tra parentesi quadre sono quelli presenti nella documentazione fornita da Mascioni.

Copertina posteriore

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Organo Rühle della Jakobi-Kirche di Chemnitz (2005)

Organo Rühle della Jakobi-Kirche di Chemnitz (2005)

Costruito nel 2005 dalla Orgelbau Rühle (Moritzburg) per la Jakobi-Kirche di Chemnitz (Sassonia), quest’organo dispone di un manuale e pedaliera. Originariamente concepito per la cantoria, dal 2009 lo strumento è posizionato nella navata della chiesa. Il temperamento è inequabile, come per tutti gli strumenti fabbricati da Rühle.

L’organo viene utilizzato regolarmente sia per le funzioni religiose che per i concerti. Grazie ai suoi nove registri reali e all’ottima acustica della Jakobi-Kirche, lo strumento è in grado di riempire adeguatamente la navata anche con la chiesa piena.

Informazioni tratte dal sito www.orgelbau-ruehle.de.

Disposizione fonica

Manuale (54 note, do 1-fa 5)
Bordun 16′
Principal 8′
Rohrflöte 8′
Octave 4′
Spitzflöte 4′
Octave 2′
Sifflote 1′
Sesquialter
Krummhorn 8′
Tremulant

Pedale (30 note, do 1-fa 3)
Subbaß 16′ (trasmesso)
Princpalbaß 8′
Pedal-Koppel

Rühle-Orgel der Jakobi-Kirche in Chemnitz Ruehle organ orgel orgue varhany disposition specification specifications stoplist stop list stops

Le messe di Couperin: Gillian Weir e Jean-Baptiste Robin

16 giugno 2012 1 commento

François Couperin compose queste due messe per organo nei suoi primi anni di attività. Si tratta di opere in cui si nota sia l’ispirazione ai modelli compositivi esistenti (cfr. Louis Couperin) sia la presenza di autentica creatività che influenzerà i compositori successivi. Esse contengono idee interessanti, forse non eccezionali a livello compositivo (da questo punto di vista il barocco francese non è il massimo), ma sicuramente d’effetto. Tra i brani più notevoli in questo senso vi sono gli offertorium di entrambe le messe: in tutti e due i casi si nota che il movimento è tripartito e segue uno sviluppo più lungo e complesso di quello degli altri movimenti; del resto è naturale che l’offertorio debba essere animato per un tempo maggiore rispetto alle altre parti della messa.

Queste due incisioni sono tra loro piuttosto diverse; la partitura è esattamente la stessa ma a fare la differenza non sono nemmeno tanto gli organisti, seppure tra loro distanti di una generazione (non me ne voglia l’impeccabile Dama neozelandese), ma piuttosto gli strumenti da loro scelti, che in comune hanno solo la trazione: meccanica.

Il giovane francese Jean-Baptiste Robin ha scelto l’organo della cattedrale di Poitiers; si tratta di un antico strumento realizzato da François-Henri Clicquot, uno dei più rinomati costruttori di organi francesi del ‘700; ha un temperamento mesotonico a 1/4 di comma e il la accordato a 395 Hz, ossia praticamente un tono più in basso rispetto al la a cui siamo abituati oggi (440 Hz). L’organo scelto dalla neozelandese Gillian Weir è invece uno strumento di costruzione recente: fabbricato dalla Orgelbau Kuhn, risale al 1970; il la è a 440 Hz e i nomi dei registri sono in tedesco, il che può lascar intendere che non sia proprio lo strumento più adatto per suonare Couperin, in realtà invece la sua tavolozza timbrica si avvicina a quella dei tipici organi classici e barocchi francesi (le disposizioni foniche sono in fondo a quest’articolo). Sia chiaro: i timbri autentici del Clicquot sono diversi da quelli di questo Kuhn, i primi hanno infatti una spiccata personalità, le ance poi non sono nemmeno paragonabili, tuttavia da questo strumento moderno, pensato certamente per eseguire un repertorio più vasto, scaturisce comunque una piacevolissima e limpida incisione. Il fatto che l’organo sia stato pensato per un repertorio non strettamente classico francese lo si evince, oltre che dai nomi dei registri, anche dal fatto che è ben temperato; questa caratteristica da un lato permette di eseguire praticamente tutta la produzione organistica barocca tedesca ed oltre, dall’altro però diminuisce la resa del repertorio classico francese, come in questo caso; ciò è dovuto al seguente fatto: mentre con il temperamento mesotonico (v. Poitiers) si hanno molte terze pure, ossia in cui le frequenze dei due suoni di un bicordo di terza maggiore sono in rapporto esatto 5:4, e alcune terze molto dissonanti che venivano opportunamente evitate dai compositori dell’epoca e quindi anche da Couperin, con altri temperamenti più moderni questo rapporto preciso viene alterato al fine di giungere ad una accordatura tale da rendere piacevoli (ma, si badi, non perfetti) tutti gli accordi e permettere quindi ai compositori di sfruttarli come comunemente si fa oggigiorno. La differenza d’effetto tra una terza pura e una terza temperata, che tipicamente è leggermente crescente, è difficilmente descrivibile a parole; quello che posso dire è che le terze abbondano in queste messe e che all’organo della cattedrale di Poitiers risultano eccezionali, dando l’idea di una costruzione sonora perfetta.

L’atmosfera della registrazione effettuata nella cattedrale di Poitiers è maggiore rispetto a quella nella Prediger-Kirche di Zurigo: il riverbero è molto più forte e questo da un lato rende l’ascolto più simile a quello che effettivamente si avrebbe stando seduti in chiesa, dall’altro danneggia la limpidezza del suono, talvolta le note tendono a confondersi un po’ tra loro. Robin fa comunque un ottimo lavoro suonando ad una velocità mai eccessiva, tale da rendere sempre abbastanza chiaro l’intreccio, tuttavia non c’è paragone con la straordinaria chiarezza della registazione di Gillian Weir; chi preferisce un’incisione da cui si possa evincere lo spartito “a orecchio” non potrà che essere soddisfatto da quest’ultima. Entrambi gli organisti mostrano una grande padronanza del loro strumento e riescono a evidenziarne ogni peculiarità, in particolare Robin dimostra di saper sfruttare appieno il temperamento mesotonico dell’organo. Non v’è un solo caso in cui la registrazione scelta fosse fuori luogo (è pur vero che Couperin, come molti organisti dell’epoca, indicava abbastanza chiaramente la registrazione da adottare tanto che persino i nomi dei vari tempi includono spesso indicazioni sulla combinazione); a questo proposito va riconosciuto all’organista neozelandese il merito di saper mettere in evidenza con grande maestria alcuni deliziosi particolari della partitura.

Volendo consigliare una delle due edizioni, quella di Robin è secondo me da preferire. Entrambi gli organisti sono eccellenti; ciò che fa propendere più verso l’edizione Naxos è lo strumento. Il 4 manuali realizzato da Clicquot più di duecento anni fa sembra veramente costruito per suonare queste due messe sia per il suo temperamento che per i timbri estremamente caratteristici. Ogni registro ha una sua forte personalità, le ance sono di una bellezza indescrivibile e perfettamente accordate. Raramente si nota un calo della pressione del vento, in particolare nelle code in cui l’organista inserisce la Bombarda (ad es. in: Paroisses – Kyrie – II); l’effetto, di entità modestissima, non è affatto sgradevole ma al contrario rende in un certo senso vivo lo strumento; addirittura alcuni organi moderni come il Flentrop della Duke Chapel danno la possibilità all’organista di ridurre di proposito la riserva d’aria dello strumento per poter riprodurre proprio questo effetto (o difetto che dir si voglia) tipico degli organi antichi.

Dal punto di vista strettamente tecnico i due album sono di elevata qualità. La registrazione di Gillian Weir è analogica e risale al 1973, la durata complessiva è di 84’13” suddivisa in due dischi; il suono è chiaro e brillante e il rumore di fondo è minimo.
L’album di Jean-Baptiste Robin è stato invece registrato in digitale nel 2005; la durata è di 94’04” e anche in questo caso è suddivisa in due CD; qui l’unica pecca è, come anticipato, il forte riverbero che, in una registrazione del ventunesimo secolo, poteva certamente essere gestito meglio.

Le disposizioni degli strumenti sono tratte dai libretti dei due album esaminati.


Organo Kuhn della Prediger-Kirche di Zurigo (1970)

Organo Kuhn della Prediger-Kirche di Zurigo
Foto: Andreas Praefcke, 2009. Licenza Creative Commons.

Disposizione fonica dell'organo Kuhn della Prediger-Kirche di Zurigo

Organo François-Henri Clicquot della cattedrale di Poitiers (1790)

Organo Clicquot della cattedrale di Poitiers
Foto: © Monica Barba, 2009. Tutti i diritti riservati.

Disposizione fonica dell'organo Clicquot della cattedrale di Poitiers

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