L’organo restaurato della cattedrale di S. Lorenzo a Perugia
Corpo d’organo dell’abside (foto tratta dal sito della ditta organaria Pietro Corna).
L’attuale organo Tamburini della cattedrale di Perugia è uno strumento di costruzione relativamente recente: progettato intorno alla metà degli anni sessanta da Fernando Germani, già organista della Basilica di San Pietro in Vaticano, fu da lui stesso inaugurato nel 1967. Gli 87 registri suddivisi in quattro manuali e pedaliera ne palesano la vocazione sinfonica, e consentono di eseguire con buoni risultati un repertorio molto vasto. A differenza di molti strumenti di questo genere, si può apprezzare abbastanza chiaramente il carattere dei vari registri, che si prestano bene anche all’uso solistico. La ditta Pietro Corna, che si è occupata del restauro dello strumento, ha provveduto anche ad aggiungere alcune nuove file di canne: un Open Diapason 8′ al Grand’organo e delle Trombe orizzontali (en chamade) a forte pressione di 16′, 8′ e 4′; queste ultime in particolare arricchiscono la forza espressiva dello strumento, che già disponeva di Cromorno, Oboe, Voci corali e di altri registri di tromba. Le canne sono ripartite in due corpi distanti alcuni metri tra loro, e la consolle è a trasmissione elettrica, risultando così ricollocabile con una certa libertà all’interno della chiesa.
A seguito del restauro, il 21 novembre 2015 (casualmente il giorno di Santa Cecilia) l’organista titolare Adriano Falcioni ha tenuto un concerto di inaugurazione con il seguente programma:
- J. S. Bach: Passacaglia e thema fugatum, BWV 582
- J. Jongen: Sonata Eroica, op. 94
- J. S. Bach: Sicilienne dalla sonata per flauto, BWV 1031 (trascrizione di L. Vierne)
- L. Vierne: Carillon de Westminster, op. 54 n. 6
- J. S. Bach: Corale “Nun komm, der Heiden Heiland”, BWV 659
- M. Duruflé: Suite op. 5 (Prelude, Sicilienne, Toccata)
La Passacaglia, eseguita in crescendo, consente fin da subito di apprezzare la varietà timbrica del Tamburini: dopo l’esposizione iniziale del tema al pedale con soli registri di basso (16′ e 8′), si aggiungono i manuali, prima con bordoni e flauti, e poi gradualmente con i principali e le relative file di ripieno. Non mancano alcune parentesi particolarmente recitative con il registro d’oboe. Man mano che la Passacaglia si sviluppa, fanno il loro ingresso anche le ance, fino ad arrivare alla Bombarda 32′, la cui canna più lunga suona proprio nell’ultimo accordo. Il Thema fugatum presenta una progressione simile e, analogamente alla Passacaglia, culmina con un potentissimo Tutti.
La Sonata Eroica di Joseph Jongen permette anch’essa di esprimere la dinamica dello strumento, anche se in modo totalmente diverso da Bach. Si apprezza in particolare la versatilità delle ance, che si rivelano adatte al repertorio romantico e moderno francese.
L’acustica della cattedrale di Perugia non è tra le più semplici da gestire, sono necessari tempi nell’ordine dei secondi affinché il suono si stabilizzi all’interno dell’edificio; il fatto che le canne siano dislocate in corpi diversi rende ancora più complicato il lavoro dell’organista. La potenza dell’organo consente di riempire la chiesa senza problemi, ma al tempo stesso l’acustica impone dei limiti al virtuosismo dell’esecutore soprattutto quando entrano in gioco molte file di canne. Il rischio è che un’esecuzione troppo veloce produca un suono confuso a causa della sovrapposizione di troppi suoni che insistono a riflettersi tra le pareti della cattedrale.
Il delicato Siciliano di Bach, nella trascrizione per organo di Louis Vierne, evidenzia le potenzialità recitative dell’organo sia con l’ancia Voci corali che con il semplice registro di Principale, il quale presenta una sonorità che si sposa perfettamente anche con la musica romantica francese. Ne è dimostrazione l’opera successiva, Carillon de Westminster, che inaspettatamente attacca alla fine del brano precedente, quasi senza interruzione. L’organista si muove con sicurezza tra le tastiere e i pedali di questo strumento, gestendone anche le numerose combinazioni programmabili; nel caso del Carillon, anche le casse espressive mostrano chiaramente la loro efficacia.
A seguire, nel corale di Bach BWV 659, il canto è affidato ai registri di mutazione e si apprezza in particolare una terza piuttosto forte, ben adatta al repertorio barocco tedesco e francese.
Chiude il programma la Suite di Duruflé che, nella sua complessità, mette alla prova il Tamburini (e ovviamente pure l’organista) su tutti i fronti: dinamico, timbrico e recitativo.
Adriano Falcioni ha dimostrato ottima conoscenza e padronanza dello strumento; ogni partitura è stata preparata nei minimi dettagli anche dal punto di vista della registrazione, un fattore importante quando si parla di organi che dispongono di una tavolozza timbrica così ampia.
Le combinazioni scelte, oltre ad aver messo in evidenza le capacità sinfoniche dell’organo, hanno mantenuto alta l’attenzione del pubblico anche nel caso delle composizioni più complesse in programma come la Sonata Eroica di Jongen, la Suite op. 5 di Duruflé e anche la Passacaglia, in cui ad ogni variazione di Bach, l’organista ha fatto corrispondere una variazione timbrica. Quest’ultimo caso è particolarmente interessante perché attualmente, per motivi legati alla cosiddetta (e supposta) prassi esecutiva autentica, è molto raro poter ascoltare esecuzioni suggestive come quella di Falcioni, vicina, se vogliamo, alle storiche interpretazioni di Karl Richter, Helmut Walcha e Fernando Germani. Sempre più spesso, invece, la Passacaglia viene eseguita con l’organo pleno praticamente dall’inizio alla fine, con minime variazioni di registrazione, producendo un risultato sì interessante ma a mio avviso decisamente meno coinvolgente.
In definitiva, questo Tamburini si rivela uno strumento eclettico che si presta bene all’esecuzione dei capolavori romantici francesi (Franck, Guilmant e anche Vierne e Widor), grazie alle recenti aggiunte nel comparto ance. Le numerose file di ripieno, nonché la presenza del registro di Voce umana, rendono possibile anche l’esecuzione del repertorio italiano. I registri di mutazione, sia semplici che composti come Sesquialtera e Cornetto, insieme con la buona dotazione di flauti, permettono infine di eseguire gran parte della musica tedesca a partire dal periodo barocco.
Organo Tamburini, Cattedrale di S. Lorenzo, Perugia (1967)
Corpo d’organo del transetto (foto tratta dal sito della ditta organaria Pietro Corna).
Il monumentale organo della cattedrale di S. Lorenzo è stato costruito dalla Pontificia Ditta Cav. Giovanni Tamburini di Crema su progetto di Fernando Germani che lo inaugurò il 14 settembre 1967. Lo strumento è collocato in due distinti corpi sonori: uno nell’abside che comprende il “Positivo”, il “Grand’Organo” e “Pedale”; l’altro nel transetto di sinistra con “Recitativo Espressivo”, il “Solo Espressivo” e un’altra sezione del “Pedale”. Le canne sono in numero 5178 suonanti, facenti capo a 141 placchette di cui 87 registri sonori e un sistema di 8 combinazioni libere per 103 diversi banchi di memoria. L’intervento di restauro, durato più di un anno e affidato alla ditta Pietro Corna, ha riguardato pulitura e manutenzione straordinaria, intonazione e accordatura, miglioramento fonico strutturale con l’aggiunta del nuovo registro di Open Diapason 8′ e delle Trombe ad alta pressione di 16′-8′-4′ su misure Cavaillé-Coll (i nuovi registri sono contrassegnati da un asterisco nella disposizione fonica che segue).
Disposizione fonica
I. Positivo (61 note) III. Recitativo espressivo (61 note) IV. Solo (61 note) |
II. Grand’organo (61 note) Pedale (32 note) |
Unioni e accoppiamenti
Unione I-P, Unione II-P, Unione III-P, Unione IV-P, Acuta I-P, Acuta II-P, Acuta III-P, Acuta IV-P;
Unione III-I, Unione IV-I, Grave IV-I, Grave III-I, Grave I, Annullatore Unisono I, Acuta I, Acuta III-I, Acuta IV-I;
Unione I-II, Unione III-II, Unione IV-II, Grave IV-II, Grave III-II, Grave I-II, Grave II, Annullatore Unisono II, Acuta II, Acuta I-II, Acuta III-II, Acuta IV-II;
Unione IV-III, Grave IV-III, Grave III, Annullatore Unisono III, Acuta III, Acuta IV-III;
Unione II-IV, Grave IV, Annullatore Unisono IV, Acuta IV.
L’organo di Interstellar
È abbastanza raro poter udire il suono dell’organo nelle sale cinematografiche; volendo evitare di andare molto a ritroso nel tempo, possiamo ricordare il caso di Mission to Mars (musiche di Ennio Morricone, 2000). Quando poi ad esso viene riservato un ruolo centrale e dominante in tutta la colonna sonora, siamo di fronte a casi unici, come quello di Interstellar di Christopher Nolan.
Le musiche sono state composte da Hans Zimmer con l’aiuto di campioni audio preregistrati, ma alla fine sono state registrate tutte su strumenti reali per volontà dello stesso compositore. In particolare, le registrazioni delle parti d’organo, eseguite da Roger Sayer, sono state effettuate all’organo Harrison & Harrison della Chiesa del Tempio (Temple Church) di Londra.
Lo strumento, di tipo sinfonico-eclettico, risale al 1927 e dispone attualmente di 61 registri distribuiti su quattro manuali e pedaliera. Installato originariamente presso la Glen Tanar House Ballroom, Aberdeen, nel 1954 fu donato alla chiesa da Lord Glentanar per sostituire il precedente strumento andato distrutto durante la guerra. In occasione della nuova installazione, venne aggiunto il registro Double Ophicleide 32′ al pedale; lo strumento è stato quindi completamente restaurato tra il 2011 e il 2013, tornando in perfette condizioni proprio pochi mesi prima di venire eletto protagonista del film.
Harrison & Harrison, The Temple Church, London E.C. (1927, 1954, 2013)
Foto: David Iliff. Licenza CC-BY-SA 3.0.
Disposizione fonica
Great (61 note) Pedal (32 note) |
Swell (61 note) Choir (61 note) Solo (61 note) |
Le messe di Couperin: Peter Hurford
Pubblicato da Decca nel 1997, il doppio CD con le messe per organo di François Couperin eseguite da Peter Hurford è fuori catalogo da ormai quasi un decennio, un vero peccato in quanto, oltre a costituire un’interessante digressione dell’organista inglese dal repertorio bachiano e romantico per il quale è molto conosciuto, è testimonianza della prassi esecutiva dell’epoca in cui è stato inciso, ossia all’inizio degli anni ’80 (1983-1984 per l’esattezza), in cui già si nota un particolare interesse nel ricercare l’esecuzione autentica o “storicamente informata”, definizione a mio parere orribile e non a caso posta tra virgolette. A questo proposito si noti che la presente incisione è completa anche delle parti gregoriane, come quella di Adriano Falcioni (Brilliant, 2012) esaminata il mese scorso in un precedente articolo.
Lo strumento scelto è l’organo barocco francese della chiesa di Saint-Pierre des Chartreux di Tolosa, realizzato da Robert Delaunay nel 1683, ampliato da Jean-Baptiste Micot e Joseph Isnard nel ‘700 e, dopo ulteriori modifiche, restaurato da Gerhard Grenzing nel 1983 con l’intento di ripristinarne le caratteristiche foniche originarie. Uteriori informazioni sullo strumento sono disponibili sul sito del festival Toulouse les Orgues.
Il temperamento, definito genericamente inégal nelle specifiche dell’organo, sembra essere un qualche genere di mesotonico modificato e con tutta probabilità non corrisponde a quello originario. Le terze risultano temperate, non pure come ad esempio quelle del Clicquot di Poitiers (la differenza tra i due strumenti in questo senso risulta tangibile); inoltre non sembrano essere presenti intervalli particolarmente dissonanti, il che alimenta l’idea che sia stato adottato un buon temperamento. Tutto questo naturalmente si riferisce alla presente registrazione, nulla esclude che negli anni l’organo sia stato riaccordato secondo un temperamento diverso, come sembrerebbe ascoltando una registrazione del 2010 disponibile su YouTube e curata da Pipedreams.
Dal punto di vista timbrico, lo strumento dispone di tutto quanto occorre per eseguire queste messe alla maniera filologica: tutti i registri specificati dal compositore stesso, una grande disponibilità di mutazioni, ripieni acuti e gravi, e ance; queste ultime risultano leggermente stridule se confrontate con quelle di altri organi classici francesi, specialmente nel registro acuto.
Hurford, come anticipato, evita registri che all’epoca di Couperin non erano ancora presenti negli organi francesi, come ad esempio la Bombarda 16′. Se da un lato ciò ci regala un’esecuzione più vicina a quella autentica, dall’altro non viene sfruttata tutta la tavolozza timbrica e la dinamica dello strumento. Rimanendo in tema di prassi esecutiva, Peter Hurford, così come Gillian Weir, non adotta la pratica delle notes inégales; mentre invece Adriano Falcioni e Jean-Baptiste Robin abbracciano questo ben noto stile interpretativo francese (cfr. Weir, Robin e Falcioni).
I tempi sono un po’ dilatati rispetto alla media, in effetti questa incisione è la più lunga tra quelle che ho avuto modo di ascoltare, appena citate; ciò permette di apprezzare i dettagli della partitura senza sconfinare nel noioso; l’acustica inoltre aggiunge un modesto riverbero senza danneggiare la chiarezza dell’esecuzione.
Tra i brani più interessanti vi sono i Dialogues che mettono in evidenza i bei timbri dello strumento seicentesco, insieme con gli Offertoires che possono essere considerati veri e propri componimenti a sé stanti. In definitiva l’esecuzione è precisa, lineare, sobria, “inglese”.
La direzione di Edward Higginbottom delle parti cantate è abbastanza lenta e talvolta può risultare noiosa, specie per un orecchio poco allenato a questo genere di musica; per il resto non si eccepisce nulla di particolare.
Nel caso della Messe pour les paroisses, il cantus planus è affidato alle voci maschili del Choir of New College Oxford ed è costituito dal Cunctipotens genitor Deus per scelta dello stesso Couperin.
Per la Messe pour les Couvents, che non prevede un canto specifico, Higginbottom adotta un cantus planus molto in uso all’epoca di Couperin: In festis primae classis, dal Graduale romano-monasticum di Guillaume-Gabriel Nivers (da pag. 377), eseguito dalle voci femminili dell’Oxford Chamber Choir.
Entrambe le messe sono registrate in digitale. La qualità tecnica è discreta anche se un cattivo bilanciamento dei toni medio-bassi nella registrazione della Messe pour les paroisses (CD 1) rende quasi inascoltabile la Tierce en taille (Gloria VI) e piuttosto fastidioso il meditativo Chromhorne en Taille (Benedictus); in particolare alcune note del pedale¹ coprono praticamente tutto il resto, mentre altre note sempre al pedale si odono appena. È presente anche un difetto all’inizio del Dialogue sur les Trompettes (Gloria IV)², una breve interruzione forse dovuta ad un problema con il registratore o ad un taglio fatto male. Migliore risulta invece la registrazione della Messe pour les couvents (CD 2), sia sul piano del bilanciamento che per quanto riguarda la spazialità.
L’album include un libretto con interessanti note su Couperin redatte da Higginbottom (manca la lingua italiana), informazioni storiche sull’organo a cura del suo ultimo restauratore Gerhard Grenzing, e la disposizione fonica, riportata anche in fondo a quest’articolo.
Anche se fuori catalogo, questo doppio CD può essere reperito sul Marketplace di Amazon oppure presso altri negozi online; personalmente sono riuscito a trovarne una copia nuova sul sito greco Studio 52 semplicemente cercando con Google il codice a barre del prodotto (028945502625). ArkivMusic, negozio online specializzato in dischi di classica di difficile reperibilità, ha licenza di “ristampare” e vendere quest’album così come tanti altri dischi fuori catalogo, è però bene sapere che si tratta di copie masterizzate su CD-R (da loro chiamati ArkivCD) e non stampate come i dischi originali. Notare che ArkivMusic vende questi ArkivCD anche sul Marketplace di Amazon nella sezione del nuovo.
(¹) in particolare il re2 alla frequenza di 139 Hz.
(²) CD 1, traccia 9, minuto 0’35”.
Organo Delaunay / Micot di Saint-Pierre des Chartreux, Tolosa (1683)
Foto: BastienM, 2008. Licenza Creative Commons.
Le messe di Couperin: Adriano Falcioni
Dopo aver messo a confronto qualche mese fa due registrazioni delle messe per organo di Couperin, quella di Gillian Weir del 1973 e quella più recente di Jean-Baptiste Robin (2004), oggi aggiungiamo ad esse una terza registrazione di queste composizioni: quella di Adriano Falcioni all’organo della chiesa di Santa Maria della Neve a Senigallia, un doppio CD inciso nei primi mesi di quest’anno e pubblicato da Brilliant Classics all’inizio di novembre.
È noto che le composizioni per organo francesi richiedono un largo uso di registri ad ancia, ed è altrettanto noto agli intenditori che gli organi italiani, a differenza di quelli francesi e iberici, non sono storicamente famosi per le loro ance¹; molti dei nostri strumenti antichi non ne disponevano neppure e si puntava tutto sul carattere forte e personale del ripieno e dei principali². Il moderno organo protagonista di questa registrazione rappresenta un’eccezione in questo senso, dispone infatti di sette registri ad ancia caratterizzati da un timbro spiccato e brillante, rotondo ma in alcuni casi anche aspro; la ricchezza di armonici è tale da richiamare non solo le sonorità francesi ma talvolta addirittura quelle spagnole, grazie anche all’attacco deciso. La presenza di un forte registro di terza (la fila acuta della Sesquialtera) rende lo strumento ancora più adatto all’esecuzione di Couperin. La mancanza di registri specifici (è il caso, ad esempio, della Voix humaine) viene abilmente compensata dall’organista mediante opportune combinazioni. Costruito nel 2001 dalla fabbrica Fratelli Pinchi – Ars Organi, lo strumento è ben temperato e a trasmissione completamente meccanica.
L’esecuzione di Falcioni è avvincente: l’organista procede con un buon ritmo senza perdere in chiarezza; il fraseggio è molto curato così come la scelta dei registri e la conseguente dinamica. Il Gloria della Messe pour les paroisses permette di apprezzare subito le qualità delle ance del Pinchi; notevole la meditativa Tierce en taille (Gloria VI) e l’Offertoire, da cui emerge buona parte della timbrica dell’organo. Il Chromhorne en taille (Benedictus), probabilmente concepito anche per l’elevazione, risulta commovente nella sua semplicità e insieme con il Chromhorne sur la taille (Gloria V) della Messe pour les couvents è da ascoltare con l’ausilio di altoparlanti o cuffie di qualità al fine di poter cogliere la voce profonda e al tempo stesso eterea del Bordone 16′ che dal basso sorregge l’armonia. Molto evocativa anche la Tierce en taille (Elevation). Tante altre perle si nascondono all’interno dei brani non citati; i due dischi scorrono come l’olio e li si apprezza di più ad ogni successivo ascolto.
Le parti gregoriane sono eseguite dal gruppo vocale femminile Armoniosoincanto diretto da Franco Radicchia. Il canto procede speditamente e le eleganti voci si intrecciano armoniosamente con la partitura organistica. La Messe pour les paroisses alterna all’organo il canto gregoriano Cunctipotens genitor Deus che era quello ufficialmente adottato dalle parrocchie per le solennità principali, con l’aggiunta delle seguenti parti non contemplate dalla partitura del compositore francese: Introitus e Communio, tratti dall’Officium de S. P. N. Francisco ad missam, e Credo Angelorum (canto fratto) proveniente da un manoscritto dei codici di Trento.
La Messe pour les Couvents non prevede invece un canto specifico, una scelta pensata per lasciare libera scelta alle singole comunità religiose. In questo caso è stata scelta come integrazione la Missa Sexti Toni di Henry Du Mont, anch’essa ben nota al tempo di Couperin. Completano la messa l’Introitus “Quasi modo” della Hebdomada secunda Paschae e il Communio “Diffusa est gratia” dalla Commune Beatae Mariae Virginis.
La registrazione, effettuata in digitale, è di eccellente qualità. L’acustica della chiesa è molto gradevole e, grazie all’ottima ripresa, ogni nota è distinguibile insieme col proprio timbro; ascoltando in cuffia spesso è perfino possibile localizzare la posizione delle canne. Si rileva un solo piccolo difetto nell’Offertorium della Messe pour le paroisses³, forse un taglio non proprio perfetto, nulla comunque di davvero rilevante.
Il libretto dell’album contiene delle note relative alle due messe a cura del direttore Franco Radicchia e le informazioni tecniche sullo strumento, riportate anche in fondo a questo articolo.
In definitiva si tratta di un’edizione molto valida; i puristi dell’esecuzione filologica potrebbero obiettare che, nonostante le caratteristiche foniche già discusse, lo strumento scelto non sia quello più indicato, ma in ogni caso chi cerca un’esecuzione chiara e briosa non potrà che essere soddisfatto da quest’album. Chi desidera ascoltare un organo classico francese può provare ad orientarsi sull’esecuzione di Jean-Baptiste Robin all’organo Clicquot della cattedrale di Poitiers (Naxos, non include le parti gregoriane), anche se, purtroppo, a scapito della chiarezza del suono per via del notevole riverbero presente; va notato inoltre che anche quel Clicquot non è dell’epoca di Couperin, essendo stato realizzato solo nel 1790.
(¹) Per un modesto approfondimento si rimanda a questa monografia tratta dall’Enciclopedia Treccani. (²) Un’interessante eccezione è costituita dai Tromboncini.
(³) CD 1, traccia 17, minuto 2’44”.
Dettagli dell’album
Compositore: François Couperin | Titolo: Mass for the Parishes / Convents |
Artista: Adriano Falcioni | Casa discografica: Brilliant Classics |
Coro: Gruppo Vocale Armoniosoincanto | Direttore: Franco Radicchia |
Codice prodotto: 94333 | Numero di dischi: 2 |
Data registrazione: feb.-mar. 2012 | Data di uscita: novembre 2012 |
Package: 2 CD Jewel-Case | EAN-13: 5028421943336 |
Organo Pinchi della chiesa di Santa Maria della Neve a Senigallia (2001)
Foto: Parrocchia S. M. della Neve, per gentile concessione di F.lli Pinchi – Ars Organi.
Organo a tre manuali. I e III tastiera di 54 note Do-fa. II tastiera di 61 note Do-do. Pedaliera di 30 note Do-fa. Meccanica sospesa per i manuali, a leva per il pedale e i registri. Registri totali: 27, file totali: 38, canne totali: 1.965. La3: 440 Hz.
Disposizione fonica
I. Positivo II. Grand’organo |
III. Recitativo Pedale Unioni |
Franck: Complete Organ Music – Adriano Falcioni
Uscito da poche settimane, questo doppio CD della Brilliant Classics contiene l’integrale organistico di César Franck¹ registrato in digitale dall’italiano Adriano Falcioni. L’organo, anch’esso italiano, è il Mascioni della basilica di Santa Maria degli Angeli in Assisi. Un disco importante che va ad aggiungersi al già interessante catalogo della casa discografica olandese.
La scelta dello strumento è insolita: registrare Franck con un organo sinfonico italiano di costruzione relativamente recente non è certo la prima cosa che viene in mente. In effetti dal punto di vista timbrico è chiaro che non ci troviamo di fronte ad un Cavaillé-Coll, tuttavia questa non è una pecca: la scelta dei registri operata dall’organista ternano è ben studiata e molto varia, discostandosi talvolta dalle prescrizioni del compositore e sperimentando le potenzialità fornite dallo strumento italiano. Non ci troviamo quindi di fronte al solito disco di Franck, suonato ad un Cavaillé-Coll, magari quello di cui egli stesso fu organista titolare oppure quello meglio preservato, ma al desiderio di scoprire nuove possibilità e nuovi punti di vista.
Adriano Falcioni non corre contro il tempo e rispetta sempre l’acustica della chiesa; grazie al riverbero mai eccessivo, le note di Franck risultano ben definite e non si ricade nel “minestrone sonoro” che caratterizza invece tante altre incisioni di organo sinfonico.
Della Fantasia in do maggiore è particolarmente interessante il secondo movimento, Allegretto cantando, in cui il pedale crea un’atmosfera perfetta e la tromba del recitativo è dolce al punto giusto. Il breve terzo movimento, Quasi lento, è una rivelazione: l’organista sperimenta una registrazione del tutto nuova dalla quale scaturisce un bellissimo finale in cui riecheggiano timbri di ance delicate e potenti flauti al pedale, incluso il Basso acustico 32′. L’Adagio, che conclude la fantasia, è interessante per la scelta di un dolce registro oscillante, probabilmente Voce celeste, dato che si tratta di un registro ad anima molto diverso dalla francese Voix humaine² prescritta da Franck; qualche volta il basso al pedale diventa un po’ troppo forte e tende a sovrastarla ma comunque il risultato è gradevole.
Il Grande Pièce Symphonique risulta ben bilanciato, ogni voce mantiene la propria importanza senza mai essere messa decisamente in secondo piano. L’organista dà continuità all’esecuzione e ricerca la consequenzialità del dialogo tra i temi, come è giusto quando si affronta un componimento che si definisce sinfonico. Il primo movimento, Andantino serioso, è caratterizzato da un piacevolissimo pedale che fa da contraltare alle delicate sonorità delle tastiere. Segue l’Allegro ma non troppo e maestoso, in cui le scelte dei timbri e del tempo favoriscono un bel fraseggio; basso qualche volta un po’ invadente; molto bella la scelta di registri di forte personalità nella parte conclusiva. Interessanti scelte timbriche anche nel terzo movimento, Andante, dove al positivo troviamo una combinazione molto dolce con tremolo che lascia spazio all’elaborato accompagnamento; ottima l’atmosfera creata dal pedale.
Interpretazioni interessanti e originali anche per quanto riguarda gli altri componimenti, in particolare il Cantabile e la Pastorale sono caratterizzati da sonorità ricercate e chiarezza espositiva, e nella bellissima Prière troviamo timbri splendidi: un principale forte ma non esagerato e un pedale perfetto che, unitamente ad un tempo particolarmente calmo, ci regalano un esecuzione di rara profondità. Nell’altra fantasia, in la maggiore, ritroviamo più volte la Voce celeste in luogo della Voix humaine.
Nel libretto non sono presenti informazioni dettagliate sull’organo ma mi sono state gentilmente inviate su richiesta sia dalla fabbrica Mascioni che dallo stesso organista; sono riportate alla fine di quest’articolo e sono state rese disponibili anche sul sito della casa discografica. Lo strumento non dispone né di registri ad ancia di 32′ né di registri ad anima della stessa altezza; a questo proposito va detto che Franck non prescrive mai l’adozione di ance di 32′ nei suoi pezzi, anche se sovente gli organisti si prendono questa licenza per conferire una sonorità più spettacolare soprattutto ai finali del Grande Pièce Symphonique e dei Corali I e III. L’assenza di un registro ad anima di 32′ è invece più rilevante in quanto spesso il compositore raccomanda l’adozione di un bordone o comunque di un fondo di 32′; si può sopperire a questa mancanza con il Basso acustico 32′ (v. disposizione in fondo a quest’articolo), ma bisogna considerare che, non essendo un registro di 32′ reali, presenta caratteristiche foniche un po’ particolari.
Le condizioni dell’organo sono buone; in qualche caso si nota che l’intonazione non è perfetta ma ciò potrebbe anche dipendere dalla modalità di accordatura, ad ogni modo nulla danneggia la qualità dell’interpretazione di Falcioni.
Dal punto di vista tecnico i due dischi non presentano anomalie in generale, la registrazione è di alta fedeltà³, dinamica e spazialità sono ottime e il suono è sempre nitido e brillante, anche se, come già accennato, i toni medio-bassi risultano talvolta un po’ troppo amplificati e possono diventare invadenti in presenza di alcune armoniche nell’intervallo di frequenze compreso all’incirca tra 100 e 130 Hz. Un piccolo difetto è presente al minuto 10’17” della Fantasia in la maggiore (CD 2), si tratta di un piccolo salto, come se la registrazione si fosse interrotta per una frazione di secondo.
In conclusione, quest’integrale è sicuramente un album innovativo, che ci permette tra l’altro di conoscere un interessante strumento di casa nostra come il Mascioni di Santa Maria degli Angeli in Assisi, e che dimostra per l’ennesima volta come non sia necessario seguire pedissequamente la filologia musicale per ottenere risultati di valore. Il prezzo ridottissimo (meno di 10 euro) ne fa non solo un album irrinunciabile in tutte le collezioni in cui manchino le opere per organo di César Franck, ma anche un’interessante aggiunta per gli scaffali dei cultori di musica organistica.
(¹) Non sono incluse le composizioni per armonium.
(²) Il registro Voix humaine (o Vox humana) è un registro ad ancia e in questo differisce molto sia dal registro italiano Voce umana, che dal registro di Voce celeste (entrambi presenti in quest’organo); questi ultimi infatti sono ambedue registri oscillanti ad anima. Per una trattazione più completa si consigliano le pagine del maestro Federico Borsari relative ai Registri oscillanti e alla Voce umana.
(³) L’intervallo di frequenze registrate va da 30 Hz a 22 kHz. Frequenze al di sotto dei 30 Hz non sono rilevanti in quanto il tono più grave che strumento può emettere è il do di circa 32 Hz (16′). Offset in continua (DC) assente.
Dettagli dell’album
Compositore: César Franck | Titolo: Complete Organ Music |
Artista: Adriano Falcioni | Casa discografica: Brilliant Classics |
Codice prodotto: 94349 | Numero di dischi: 2 |
Data della registrazione: aprile 2011 | Data di uscita: luglio 2012 |
Package: 2 CD Jewel-Case | EAN-13: 5028421943497 |
L’organo Mascioni della Basilica di Santa Maria degli Angeli in Assisi
Il grande organo dell’abside della Basilica Papale di Santa Maria degli Angeli è l’opera 802 della “Famiglia Artigiana Vincenzo Mascioni” di Cuvio, presso Varese. Esso è stato completato nel 1961 ed è composto di 4 tastiere di 61 tasti C-c”” e pedialiera di 32 C-g’. Nel suo complesso dispone di 68 registri reali, con un totale di 4634 canne, 22 registri meccanici per unioni e accoppiamenti, 11 annullatori, 65 pistoncini, 18 pistoni, 4 staffe per crescendo ed espressioni, ecc.. Il tutto è comandato da una consolle mobile, posta solitamente in coro dietro l’altare, e si avvale di una trasmissione a sistema elettrico diretto. Strutturalmente l’organo è disposto in 5 corpi situati nel coro con due grandi prospetti e comprende anche un “organo eco” situato nella cupola. Grazie a queste caratteristiche lo strumento permette una vasta gamma di colori sonori ed effetti altamente suggestivi.
Disposizione fonica
I. Positivo II. Grand’organo III. Recitativo |
IV. Eco Pedale Unioni e accoppiamenti |
(¹) non presente nella documentazione fornita da Mascioni
(²) presente solo nella documentazione fornita da Mascioni
(³) la documentazione fornita da Mascioni riporta 1 1/3′
(⁴) I nomi racchiusi tra parentesi quadre sono quelli presenti nella documentazione fornita da Mascioni.
Johannes-Ernst Köhler esegue l’Arte della Fuga di Bach all’organo
Souvenir, forse un po’ inusuale, della vacanza berlinese di quest’estate è questo doppio CD della Berlin Classics (Edel) contenente L’Arte della Fuga di Johann Sebastian Bach eseguita all’organo da Johannes-Ernst Köhler.
Ho notato che sono in commercio due diverse edizioni in CD della stessa registrazione: una datata 1996 con confezione jewel case doppia, e un’altra datata 2008 con la confezione in formato digipak. Non so se ci siano differenze tra le due rimasterizzazioni, nel dubbio ho pensato fosse meglio prendere l’edizione più recente.
Köhler è una mia vecchia conoscenza risalente agli anni novanta, quando ascoltai un doppio LP in cui eseguiva i Concerti per organo op. 4 di Handel sotto la direzione di Kurt Thomas, oggi disponibili in un CD singolo pubblicato sempre da Berlin Classics (0030172BC). L’approccio non certo filologico ma comunque chiaro e preciso, con una predilezione per i tempi lenti, ha reso quei dischi di Handel le mie incisioni di riferimento, persino dopo aver ascoltato diverse altre interpretazioni più o meno filologiche; a questo proposito apro una piccola parentesi Handeliana indicandovi come particolarmente meritevoli anche le incisioni di Neville Marriner con George Malcolm all’organo (Decca) e di Karl Richter che dirige dall’organo (cofanetto Teldec purtroppo fuori catalogo).
Tornando a Bach, ho deciso di prendere a scatola chiusa quest’edizione dell’Arte della fuga a seguito di poche semplici considerazioni. La prima, banalmente, riguardava il prezzo: 8,50 euro; per una cifra così irrisoria vale comunque la pena di tentare. In secondo luogo, il fatto che l’Arte della fuga richiedesse non uno ma due CD significava che la durata complessiva doveva superare gli 80 minuti e quindi che i tempi di esecuzione dovevano essere abbastanza rilassati. Poi conoscevo già l’organista e il suo stile, e non è cosa di poco conto. Infine il fatto che l’incisione risalisse agli anni settanta, periodo in cui la prassi filologica – che intendevo rifuggire – non aveva ancora preso piede, mi ha ulteriormente invogliato all’acquisto che si è poi rivelato un’ottima scelta.
L’organo utilizzato è l’Hildebrandt-Orgel della Wenzelskirche di Naumburg, prima del suo completo restauro eseguito tra il 1992 e il 2000. Si tratta di uno strumento veramente speciale in quanto fu testato e infine accettato sia da Johann Sebastian Bach che da Gottfried Silbermann, uno dei maggiori costruttori di organi d’Europa nell’epoca barocca. L’esecuzione è caratterizzata effettivamente da tempi rilassati; questo, unitamente all’assenza di variazioni repentine di velocità e ad un’opportuna scelta dei registri, lascia all’ascoltatore il gusto di seguire mentalmente l’intreccio delle voci delle fughe, che in fondo costituiscono il cuore dell’Arte della fuga.
Tra tutti i brani che costituiscono l’opera, meritano una menzione speciale per bellezza interpretativa (e ovviamente compositiva) i Contrapuncti X, XI e XVIII, da ascoltare e riascoltare per scoprire tutti i segreti della loro eleganza, volendo anche con l’ausilio della partitura stampata; in effetti l’Arte della fuga è considerata anche una significativa opera teorica e sperimentale, e il fatto che suoni magnificamente con qualsiasi strumento o quartetto o orchestra si desideri adottare la rende eccezionale.
L’organista dimostra di saper gestire abilmente la ricca tavolozza timbrica dell’organo, variando non di rado la registrazione anche nel mezzo dei singoli Contrapuncti e utilizzando tutte le famiglie di registri a disposizione.
L’unico caso in cui i registri potevano a mio avviso essere scelti diversamente è nel Contrapunctus VI, a 4, in stile francese, che, come dice anche il titolo, dovrebbe essere in stile francese, peccato che la registrazione scelta da Köhler non abbia pressoché nulla di francese. Wolfgang Rübsam, nella sua incisione dell’Arte della fuga (Naxos 8.550703–4, 2 CD separati, 1992), non inserisce (purtroppo) quasi mai ance, men che meno il forte Bazuin 16′ (Trombone); l’unica eccezione è il Contrapunctus in stile francese, nel quale sfodera buona parte delle trombe del suo organo Flentrop (che riprende i canoni fonici dei rinomati organi barocchi olandesi), evidentemente da buon conoscitore dello stile organistico barocco francese nel quale le ance ricoprono un ruolo di primo piano.
A riempimento del secondo CD sono presenti quattro dei sei Concerti per organo di Bach; a mio avviso si tratta di quelli migliori e probabilmente i soli ad essere stati attribuiti effettivamente a Bach. Anche questo apparente riempitivo è di ottima qualità. L’organo in questo caso è un altro: il Silbermann della Katholische Hofkirche (Cattedrale) di Dresda, e Köhler adotta registrazioni molto gradevoli e ricercate; non ho dubbi nell’affermare che queste interpretazioni, datate 1973, tengono bene testa a quelle altrettanto interessanti di Karl Richter (Archiv Produktion 431 119-2, 1 CD, 1973) e di Fernando Germani (EMI 5 69328 2, fuori catalogo).
Dal punto di vista tecnico l’incisione è senza dubbio di qualità. Per quanto riguarda l’Arte della fuga, registrata nel 1970, la risposta in frequenza è grosso modo 35-19.500 Hz, quindi si ha una minima attenuazione delle più basse fondamentali dei registri di 16′ e una certa attenuazione delle fondamentali del Posaune 32′ che comunque non risultano mai tagliate del tutto. Questo piccolo difetto, in ogni caso, non pregiudica per nulla l’ascolto e l’alta fedeltà di questa registrazione; del resto una simile risposta è perfettamente in linea con quella delle incisioni dell’epoca. Per quanto riguarda i Concerti per organo, registrati solo 3 anni dopo, la risposta in frequenza migliora e si attesta su 25-19.500 Hz, permettendo di ascoltare chiaramente anche buona parte delle fondamentali del Großer Untersatz 32′ del Silbermann di Dresda; tutto ciò, naturalmente, altoparlanti permettendo.
Seguono le disposizioni dei due strumenti utilizzati; queste informazioni, non presenti nell’edizione del 2008 che non contiene alcun libretto, sono tratte dall’Archivio Osiris.
Organo Hildebrandt della Wenzelskirche di Naumburg
Foto tratta dal sito hussitenstaedte.net.
(Altre foto: die-orgelseite.de)
Disposizione fonica prima del restauro degli anni ’90
II. Hauptwerk I. Rückpositiv |
III. Oberwerk Pedal |
Koppeln: HW/P, RP/P, OW/P, OW/HW, RP/HW. |
Organo Silbermann della Katholische Hofkirche di Dresda
Disposizione fonica
II. Hauptwerk (C,D-d”’) I. Brustwerk (C,D-d”’) |
III. Oberwerk (C,D-d”’) Pedal (C,D-c’) |
Bach: Organ Works – Karl Richter
Le incisioni organistiche di Karl Richter per la Deutsche Grammophon sono state per anni una rarità; nel tempo si sono susseguiti in catalogo diversi album contenenti una parte delle registrazioni, questi venivano poi regolarmente posti fuori stampa dopo qualche anno dal rilascio; solo per il mercato giapponese fu reso disponibile per un certo periodo un box di cinque dischi (Archiv POCA 2023/7 435 130-2, rilasciato nel 1991). Poi finalmente all’inizio del 2005 è uscito questo cofanetto contenente tre CD che non dovrebbero mancare agli amanti della musica per organo. Qui c’è tutto il Bach organistico inciso da Richter per la Deutsche Grammophon, ad eccezione dei concerti per organo, disponibili in un CD separato (Archiv 431 119-2) che però al momento risulta “stranamente” fuori catalogo.
Compositore: Johann Sebastian Bach
Titolo: Orgelwerke (Organ Works · Œuvres pour orgue)
Organista: Karl Richter
Casa discografica: Deutsche Grammophon
Anno delle registrazioni: 1964, 1966, 1967, 1968, 1978
Serie: The Originals (medio prezzo)
Data di uscita sul mercato internazionale: 01/02/2005
Numero di catalogo: 477 5337 – EAN: 0028947753377
Formato: 3 CD in box di plastica jewel case.
Contenuto:
Sonate a tre voci BWV 525, 526, 529
Toccate e fughe BWV 538, 540, 565
Preludi e fughe BWV BWV 532, 543, 544, 546, 548, 552
Fantasia e fuga BWV 542
Passacaglia e fuga BWV 582
Canzona BWV 588
Corali BWV 645, 650, 654
Partite BWV 767, 768
Tutte le composizioni sono state eseguite tra il 1964 e il 1968 all’organo Marcussen & Søn della Jægersborg Kirke di Copenaghen (che campeggia con le sue trombe anche sulla copertina del box), escluse BWV 538, 582 e 768 registrate invece nel 1978 al Grande organo Silbermann della cattedrale di Freiberg, del quale sono disponibili ulteriori informazioni in un precedente articolo. In fondo a questo articolo sono pubblicate le disposizioni foniche di entrambi gli strumenti tratte dal libretto allegato al presente cofanetto.
Ascoltando queste interpretazioni non si può non riconoscere un profondo rispetto della partitura, in particolare nella precisione nei tempi; questa caratteristica non è però sinonimo di scarsa sensibilità, Richter fa infatti saggio uso delle registrazioni possibili sullo strumento, qualsiasi esso sia; del resto era sua abitudine variare a mano le combinazioni di registri persino nel bel mezzo di esecuzioni dal vivo e senza alcun tentennamento. In questo senso una menzione speciale spetta alla passacaglia e fuga BWV 582, interpretata in modo insolito rispetto alla prassi odierna (per es. Wolfgang Rübsam, Hans Fagius, Marie-Claire Alain) che la vuole eseguita con l’Organo Pleno seguendo tra l’altro fedelmente l’indicazione riportata su di uno spartito ritenuto attendibile; Richter, come detto, si distingue poiché, cominciando fondamentalmente con un flauto al manuale e un basso al pedale, realizza un crescendo che culmina verso il termine della passacaglia, suonato effettivamente con l’Organo Pleno, prima dell’inizio del thema fugatum. In quest’aspetto si avvicina all’interpretazione di Helmut Walcha, il quale però inizia con una registrazione già più ricca (ma senza ripieni e ance, per intenderci) e procede più speditamente. Anche la fantasia e fuga BWV 542 e il preludio e fuga BWV 544 sono da ascoltare per la singolare scelta dei registri.
Edizione giapponese (5 CD) [Retro] |
Concerti per organo BWV 592-597 |
L’interpretazione della toccata e fuga “Dorica” BWV 538 è veramente imperdibile: Richter predilige uno stile molto legato ed effettua diversi cambi di manuale sfruttando appieno lo storico Silbermann. Dopo l’ascolto, il rischio di non poter avere altra “Dorica” all’infuori di questa è decisamente elevato.
Richter dà inoltre lezioni di tecnica e virtuosismo in molte occasioni, in particolare nelle fughe dei BWV 532 e 548, eseguite a velocità precluse ai più mantenendo al tempo stesso distinguibile ogni singola nota; in proposito c’è da ascoltare anche la conclusione del preludio e fuga BWV 543.
I corali BWV 645, 650 e 654 sono caratteristici per le scelte timbriche adottate; l’esecuzione del primo, »Wachet auf, ruft uns die Stimme« (tradotto “Svegliatevi, la voce ci chiama”), è ancora più particolare a causa del tempo molto dilatato; questa scelta non è affatto casuale: Kieth Engen racconta che Richter, rispondendo a dei giovani americani che gli domandavano perché lo eseguisse così lentamente, disse che, in fondo, questo corale è una sveglia, “Wachet auf”, e quindi non dovrebbe essere eseguito con veemenza ma, al contrario, con tranquillità e dolcezza.
Unici nei, volendo proprio essere pignoli, sono la toccata BWV 565, che poteva forse essere “aggredita” di più nella parte iniziale, a cominciare dai celeberrimi mordenti, e suonata un po’ più velocemente (ottima invece la fuga: chiara, brillante, precisa), e le partite diverse sopra »Sei gegrüßet, Jesu gütig« BWV 768, non sempre eccellenti; di alcune variazioni, ad esempio la penultima, possono essere preferibili le esecuzioni più “recitate” di Wolfgang Rübsam o Helmut Walcha.
L’organo Marcussen (Copenaghen), strumento di costruzione moderna (1944) ma ispirato alla tradizione barocca tedesca, è caratterizzato da sonorità brillanti e nel complesso bilanciate; dispone in particolare di un registro di tromba orizzontale che Richter inserisce sovente insieme al ripieno producendo un effetto gradevole nonché insolito e mettendo in luce dei dettagli delle partiture bachiane che rimarrebbero altrimenti nascosti nell’amalgama.
Lo strumento di Freiberg è invece un autentico organo barocco germanico di dimensioni ragguardevoli e con caratteristiche foniche tali da permettere una grande espressività nell’esecuzione grazie alla presenza di registri forti e brillanti insieme a numerose file di ripieni acuti e gravi, e al tempo stesso di registri dolci come i flauti, la Vox humana e il Krumbhorn (Cromorno). Lo strumento non era in condizioni perfette in occasione di queste registrazioni; si può infatti notare un effetto lievemente “asmatico”, specialmente quando vengono inseriti molti registri; tuttavia in un organo storico tale difetto è certamente tollerabile se non proprio caratteristico. È interessante sapere che lo strumento è stato oggetto di un profondo restauro qualche anno dopo, di conseguenza le caratteristiche foniche sono cambiate e le presenti incisioni (BWV 538, 582, 768) raccontano una voce che non c’è più.
Non esiste di Richter un’esecuzione integrale del Bach organistico, di conseguenza questi dischi sono vere e proprie perle rimaste tra gli scaffali degli archivi Deutsche Grammophon per molti lunghi anni. Scomparso a soli 54 anni, probabilmente Richter avrebbe continuato il lavoro di incisione del Bach organistico che aveva ripreso nel 1978 a Freiberg incidendo quella Passacaglia che, insieme con la Matthäus-Passion del 1979, rappresenta in qualche modo il suo testamento artistico, ciò che resta dell’interpretazione non strettamente filologica al tempo in cui gli artisti potevano permettersi una seppur minima libertà in questo senso, senza rischiare d’essere trattati come eretici.
L’immagine che segue è tratta dal libretto contenuto nel cofanetto e riporta puntualmente gli LP originali che contenevano queste registrazioni:
Ecco due autorevoli commenti su queste registrazioni, tratti sempre dal libretto:
«Some of the most exciting organ playing ever recorded» [Jægersborg recordings]
International Classical Record Collector, 1999
«One of Karl Richter’s very finest records and given a superlative recording, which is quite in a class of its own. Even a sustained pedal note (which usually causes a feeling of strain) is handled by the engineers with aplomb, and the sound remains clear in the spectacular cadences. The organ is a new one at Jægersborg, near Copenhagen. The builders have attempted to simulate the principals and action of a baroque instrument, and the result is highly effective. Richter’s registration is perceptive in its choice of the right timbres for each piece (notably so in the Trio Sonata), and his control of the fugues is no less impressive. This is one of the finest available accounts of the famous Toccata and Fugue in D minor»
Penguin Guide, 1975
Senza dubbio si tratta di un box raccomandabile, anche a chi non ha nessun’altra esecuzione di questi cavolavori di Bach. La qualità tecnica delle registrazioni è alta: rumore di fondo trascurabile, ottima stereofonia, dinamica e alta fedeltà per le frequenze tra 25 e 20.000 Hz, solo le note più basse dell’Untersatz 32′ (solo Silbermann di Freiberg) hanno la fondamentale un po’ attenuata, ma fortunatamente non tagliata; comunque solo pochi altoparlanti sono capaci di riprodurre frequenze tanto basse. Il libretto allegato specifica che è stata effettuata una rimasterizzazione con campionamento a 96 kHz e 24 bit a partire dai nastri originali, il che ha portato evidentemente a ottimi risultati:
Questa recensione sul sito della Deutsche Grammophon – Organo Marcussen & Søn – Grande organo Gottfried Silbermann – Encyclopedia of Organ Stops
L’organo della Basilica di San Pietro in Vaticano
La descrizione che segue tra virgolette è tratta dal sito del maestro Federico Borsari, che ringrazio molto per la cortese disponibilità.
Il suono di questo strumento lo conosciamo tutti per averlo almeno una volta nella vita ascoltato in televisione durante le trasmissioni delle celebrazioni religiose del Sommo Pontefice. Di questo strumento però si sa poco o nulla, perchè si tratta di un’organo che ha una particolarità: non viene e non verrà mai usato né per concerti né per incisioni discografiche. Sotto le mani dell’amico James Edward Goettsche, Organista Titolare, questo strumento è esclusivamente dedicato al servizio liturgico e come tale viene utilizzato. Ecco il motivo per cui riteniamo di doverne fornire qualche notizia in più.
Questo organo è stato costruito da Tamburini nel 1962 unificando due precedenti strumenti, realizzati rispettivamente da Walcker nel 1894 e da Bossi nel 1902, entrambi su due tastiere e pedaliera e con trasmissione pneumatica. Nell’occasione Tamburini, oltre ad installare la trasmissione elettrica, ampliò la disposizione fonica degli strumenti, aggiungendo diversi registri a forte pressione (tra cui diverse ancie), ingrandendone le casse e dotando i due corpi d’organo di un sistema di ruote di tipo aeronautico azionate da servomotori elettrici per consentirne lo spostamento (ma i due corpi d’organo non si sono mai mossi dalla loro collocazione “storica”).
I corpi d’organo, secondo la tradizione liturgica, sono situati nel transetto della Basilica, rispettivamente in Cornu Epistulae ed in Cornu Evangelii. Il primo corpo d’organo comprende i registri della seconda e terza tastiera (ex organo Walcker), il secondo quelli della prima e della quarta (ex organo Bossi). I registri di pedale sono ripartiti nei due corpi come da necessità foniche. La consolle è posta accanto al corpo d’organo di sinistra all’interno degli stalli destinati alle cantorie. La trasmissione è elettrica. Una decina di anni fa questo strumento è stato dotato anche di una nuovissima consolle mobile dotata di sistema di trasmissione dati via onde radio, che può essere spostata agevolmente in ogni angolo della Basilica (ed è questa che viene utilizzata in occasione delle celebrazioni liturgiche pontificali che si svolgono nella piazza antistante la Basilica mentre il suono degli organi interni viene convogliato attraverso diversi microfoni nell’impianto di amplificazione e diffusione della piazza stessa).
Fonicamente parlando, questo strumento non ci riserva alcuna sorpresa. Si tratta di un normale, e neppur tanto grande, organo eclettico, tipico dell’epoca in cui è stato concepito. È comunque rimarchevole la presenza di numerosi registri, soprattutto ad ancia, a forte pressione, necessari a rendere più pieno e potente il suono che, purtuttavia, data l’enormità dell’ambiente in cui opera, si rivela appena sufficiente. È però doveroso dire che dato l’uso rigorosamente liturgico e di accompagnamento a cui è destinato, questo organo assolve pienamente ai suoi compiti istituzionali.»
(Tratto da http://xoomer.virgilio.it/fborsari/arretra/organi/euro09.html)
ORGANO TAMBURINI (1962)
Prima tastiera Seconda tastiera Terza tastiera |
Quarta tastiera Pedale I Sezione Pedale II Sezione |
IL PROGETTO FRANCESE MAI REALIZZATO
La storia dell’organo della Basilica di San Pietro in Vaticano non è così semplice come si potrebbe supporre. L’attuale organo Tamburini è stato costruito solo nel 1962 e in passato erano stati proposti (e mai realizzati) altri progetti per la verità più grandiosi del presente. Aristide Cavaillé-Coll, il più grande tra gli organari europei dell’800, stese il primo progetto per l’organo della Basilica, che contava 124 registri, e nel 1875 lo presentò personalmente a Papa Pio IX. Nonostante gli apparenti elogi e le promesse del pontefice, il Vaticano non diede mai il via ai lavori. Altri artisti dell’epoca, tra cui Franz Liszt, manifestarono il loro sostegno nei confronti di Cavaillé-Coll per supportarlo in questa impresa che però appariva sempre più utopica. Nel 1884, nove anni dopo il primo tentativo, Cavaillé-Coll presentò per la seconda volta il suo progetto al nuovo Papa Leone XIII e qualche anno dopo gli donò anche un modellino in scala 1:10 del futuro strumento, ma anche questa volta la vicenda non ebbe alcun seguito. Il successore di Cavaillé-Coll, M. Charles Mutin, ampliò il progetto e propose a Pio X uno strumento dotato di 150 registri. La magnificenza del nuovo progetto era tale che Jean Huré scrisse: "è di tale bellezza e perfezione da rendere inutile ogni commento; […] non posso che esprimere la mia piena ammirazione per una concezione così logica ed ispirata; […] è per me un vero piacere poter ammirare un progetto d’organo senza avanzare alcuna benché minima riserva e potermi felicitare ancora una volta col nostro grande organaro francese" (cit. C. Moretti, "L’organo italiano", Casa musicale Eco, terza ediz.). La prima guerra mondiale era alle porte e, per raccogliere i fondi necessari alla realizzazione dello strumento, si riunì un comitato presieduto da Charles-Marie Widor che poi inviò il ricavato in Vaticano. Tuttavia il denaro non fu investito nella realizzazione del sofferto progetto dato che, dopo lo scoppio della guerra, si rese necessario rinnovare il pavimento del coro di San Pietro.
A seguire sono pubblicati i progetti, mai realizzati, prima di Cavaillé-Coll e poi di Mutin, tratti da Corrado Moretti, "L’organo italiano", terza ed., Casa musicale Eco. Quello che è certo è che le potenzialità di questi progetti non hanno nulla a che vedere con quelle dello strumento attuale.
Per ulteriori informazioni su come si sia arrivati all’organo attualmente in esercizio, consiglio di leggere un articolo (diviso in quattro parti) sul sito organoacanne.altervista.org di Giuseppe Distaso (Parte [I], [II], [III], [IV]).
PROGETTO CAVAILLÉ-COLL
Immagine tratta dal sito organoacanne.altervista.org
Pedale (30 note) Grand’organo (56 note) Gran Coro |
Organo di bombarda Organo positivo Organo recitativo-espressivo Organo solo |
N. 28 dispositivi meccanici a pedaletto per le unioni e le combinazioni.
PROGETTO MUTIN
Pedale (32 note) Grand’organo (61 note) Organo di bombarda |
Organo positivo Organo recitativo-espressivo Organo solo En chamade: |
N. 100 dispositivi meccanici a pedaletto e a pistoncino per le unioni e le combinazioni.
Bibliografia: Corrado Moretti, "L’organo italiano" terza edizione, casa musicale Eco.
L’organo Steinmeyer della Herkules-Saal della residenza di Monaco
Grazie alla gentile collaborazione della fabbrica di organi Steinmeyer abbiamo la disposizione fonica dell’organo della Sala Ercole della Residenza di Monaco, con il quale Karl Richter ha inciso:
- Mozart: Fantasia in fa minore K. 608 (per organo meccanico)
- Brahms: 11 Preludi-Corali op. 122
- Liszt: Preludio e fuga sul nome BACH, S. 260
Queste registrazioni si trovano nel quinto CD del box Karl Richter: A Universal Musician (477 6210) ed erano state rilasciate molti anni fa sotto forma di LP.
LP con Richter allo Steinmeyer |
Box «A Universal Musician» |
La Steinmeyer Orgelbau mi ha subito cortesemente inviato per posta la disposizione dell’organo in questione e dunque merita i miei più sentiti ringraziamenti per la disponibilità mostrata.
Un grazie anche a Gianluca, che mi ha illuminato sulla possibilità di scrivere su più colonne.
Steinmeyer-Orgel im Herkules-Saal, München (1962)
Foto tratta dal sito www.vokal-ensemble-muenchen.de
I. Hauptwerk – [C-g”’] II. Seitenwerk – [C-g”’] III. Schwellwerk – [C-g”’] |
IV. Kronwerk – [C-g”’] Pedal [C-f’] |
Pur essendo uno strumento di grandi dimensioni, il suono risulta chiaro e brillante. Si identifica ogni voce senza problemi tanto che dall’ascolto non si direbbe di trovarsi di fronte a uno strumento con 75 registri. Con tutti questi timbri a disposizione Karl Richter rende originale ogni esecuzione, inclusi i corali di Brahms. Inoltre uno strumento di questo genere garantisce una dinamica molto ampia: basta ascoltare Liszt e Mozart per apprezzare i passaggi dal pianissimo a fortissimo e i crescendo.
Siti utili: Orgelbau Steinmeyer – Deutsche Grammophon – Encyclopedia of Organ Stops.