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Brahms: Complete Organ Works – Robert Parkins

Copertina CD Brahms-Parkins

Johannes Brahms (1833 – 1897): Complete Organ Works

  1. Prelude and Fugue in G minor
  2. Fugue in A flat minor
  3. Eleven Chorale Preludes, Op. 122
  4. Chorale Prelude and Fugue on "O Traurigkeit, O Herzeleid"
  5. Prelude and Fugue in A minor

Robert Parkins
Organo Flentrop della Duke Chapel, Duke University, Durham, U.S.A.

Naxos8.550824

Di seguito riporto, tradotte e in colore nero, le note dell’organista Robert Parkins sulle composizioni per organo di Johannes Brahms, più una breve biografia dello stesso organista. Note tratte dal sito www.naxos.com.

La maggior parte degli ascoltatori non pensa a Johannes Brahms (1833-1897) come a un compositore di musica per organo poiché di lui ci vengono in mente subito le sinfonie, i concerti, composizioni per piano, musica da camera – o forse il Requiem tedesco. Eppure l’ultimissima composizione scaturita dalla penna di Brahms è stata una raccolta di preludi-corali per organo, pubblicati postumi nel 1902. È piuttosto curioso che le sue precedenti composizioni per questo strumento risalgano invece a molti anni prima.

Nel 1850, quando Brahms era ancora un giovane pianista e compositore, egli accennò alla sua aspirazione di diventare un virtuoso dell’organo. Sebbene avesse trovato il complesso strumento più difficile da dominare di quanto avesse pensato, iniziò a comporre seriamente per organo. Tra i suoi primi tentativi vi foruno due preludi e fughe, una cosciente emulazione di una forma sviluppata nel periodo barocco, ma filtrata attraverso il linguaggio armonico di Brahms stesso. Egli considerò entrambi questi lavori come progetti da principiante, non degni di essere pubblicati, e pare che pensasse che i manoscritti fossero andati distrutti. Furono in realtà ritrovati molto tempo dopo, e pubblicati nel 1927, trent’anni dopo la morte del compositore.

Il Preludio e fuga in sol minore, il secondo e più maturo dei due, fu scritto nel 1857. Il fiammeggiante preludio richiama lo stile rapsodico dei preludi e delle toccate scritte dai precedenti compositori tedeschi come Buxtehude o anche il giovane J. S. Bach. Brahms fu un appassionato studente della musica scritta prima del diciannovesimo secolo, e non è una coincidenza che spesso abbia scritto lui stesso seguendo forme musicali arcaiche.

Il contrappunto, specialmente il canone e la fuga, assorbirono l’attenzione di Brahms durante questo periodo in particolare. La prima versione della sua Fuga in la bemolle minore, completata nel 1856, fu successivamente revisionata e pubblicata nel 1864 (come supplemento al giornale Allgemeine musikalische Zeitung). Il preludio che la accompagnava in questa chiave inconsueta, è andato perduto – sempre se sia mai stato completato – ma la fuga, intima (riporta l’indicazione "langsam"), si regge da sé, come una creazione di artigianato magistrale e di sentimento profondo. L’ingegnosità contrappuntistica di Brahms è evidente sin dall’inizio, quando al soggetto principale, di grande espressività, risponde l’inversione dello stesso.

Dopo il 1860 Brahms abbandonò la composizione per l’organo, eccezion fatta per la revisione di vecchi componimenti per la pubblicazione; tuttavia in vecchiaia, proprio poco prima della morte della sua cara amica Clara Schumann, Brahms tornò a scrivere per l’organo. Ne risultarono gli undici preludi-corali, completati nel maggio e nel giugno del 1896, i quali rappresentano una vetta nella letteratura organistica romantica tedesca. Molti sono piuttosto brevi e simili, nella forma, ai pezzi dell’Orgelbüchlein di J. S. Bach (un ciclo di 45 preludi-corali per l’anno liturgico), dato che le frasi della melodia del corale, semplice o abbellita, non sono separate da lunghi interludi.

Tuttavia ad aprire la raccolta troviamo una notevole eccezione. "Mein Jesu, derdu mich", una tra le frasi più trattate nell’ambito barocco del preludio corale in stile Pachelbel, adombra ogni frase della melodia dell’inno con l’imitazione fugale di un soggetto derivato da quella stessa frase. Brahms era particolarmente affezionato ai corali "O Welt, ich muss dich lassen" e "Herzlich tut mich verlangen", e scrisse per ognuno due versioni contrastanti tra loro. Come per "Herzliebster Jesu" e "Herzlich tut mich erfreuen", i loro testi riguardano temi legati alla fine della vita: la passione di Gesù Cristo, la morte e l’aldilà. Appena superata la metà della raccolta troviamo "O Gott, du frommer Gott", una composizione potente in cui la melodia suona a mezza voce su un manuale secondario, fino all’ultima frase. A bilanciare le pesanti strutture che caratterizzano molti di questi preludi, ne troviamo tre più pacati, senza pedale: "O wie selig seid ihr doch", ihr Frommen", altra riflessione sulla morte e l’eternità, lo splendido inno di comunione "Schmücke dich, o liebe Seele", e la dolce melodia natalizia "Es ist ein Ros’ entsprungen".

Nel 1857, molti anni prima di dedicarsi ai temi eterni in parecchi dei suoi undici corali, Brahms aveva già scritto un bellissimo preludio corale su "O Traurigkeit, o Herzeleid". Una fuga basata sulla melodia di questo corale vi fu apposta qualche tempo dopo, e una versione revizionata del preludio corale seguito dalla fuga venne pubblicato nel 1882, ancora una volta come supplemento musicale di un periodico, "Musikalisches Wochenblatt". Il soggetto della fuga è derivato dalla melodia dell’inno, mentre il corale, disadorno, appare in lunghe note di pedale. Come la fuga in la bemolle minore, è lento, (l’indicazione di tempo è Adagio), e la risposta al soggetto è invertita allo stesso modo.

Il preludio e fuga in la minore, apparentemente il primo saggio di composizione organistica di Brahms, fu inviato a Clara Schumann come regalo per celebrare il compleanno del compositore stesso nel 1856. La mancanza di maturità ed eleganza che vi si riscontra è più che compensata dalla sua energia e impetuosità giovanile, ma non a scapito della sperimentazione, con artifici contrappuntistici di antica tradizione. In particolare il soggetto della fuga – già anticipato nella parte di pedale del breve preludio – compare anche in inversione, precedendo un’altra trasformazione per augmentationem. Analogamente a molti dei primi preludi e fughe di Bach, il contrappunto di Brahms si dissolve verso la fine nello stile libero del preludio, e la frase finale del soggetto è quasi seppellita da un raffica furiosa di note.

Robert Parkins

L’organista americano Robert Parkins ha studiato all’università di Cincinnati con Gerre Hancock e all’università di Yale con Charles Krigbaum, Michael Schneider e con il clavicembalista Ralph Kirkpatrick. Ha continuato i suoi studi come studente Fulbright a Vienna, con Anton Heiller. Ha tenuto concerti in tutti gli Stati Uniti, in America centrale e in Europa, specializzandosi nella letteratura iberica per tastiera e nella musica per organo romantica tedesca. Le sue registrazioni da solista includono musiche spagnole e portoghesi eseguite all’organo e al clavicembalo, così come composizioni per organo di Mendelssohn e di Brahms. Attualmente è organista universitario e professiore associato di pratica della musica alla Duke University.

Le esecuzioni dei preludi e fughe sono curate nei dettagli: la dinamica e le registrazioni sono abbastanza varie, in particolare il Preludio e fuga in sol minore è assolutamente da non perdere, ho avuto modo di ascoltarne anche altre interpretazioni e questa mi sembra la più rifinita; unico, nonché essenziale, a mio avviso, è il crescendo che inizia al minuto 5:44. Non gradisco alcune scelte sui tempi per quel che riguarda i corali op. 122, ma si tratta di gusti, e non posso negare di essere stato condizionato dall’ascolto dell’esecuzione di Karl Richter del 1964 all’organo della Herkules-Saal, che infatti resta quella che preferisco (contenuta nel Box Karl Richter – A Universal Musician della Deutsche Grammophon).
Purtroppo l’organo scelto non dispone di nessuna ancia di 32′ al pedale, che invece ritengo fondamentale soprattutto per gli autori romantici, in realtà lo strumento non dispone di nessun registro di 32′, e infatti Parkins si affida, devo dire molto abilmente, alla Quint 10-2/3′ unita al Prestant 16′ per ottenere un effetto 32′ al pedale (molto lontano comunque dall’effetto di un’ancia). La disposizione è pubblicata a fondo articolo, ed è tratta dal sito della Duke Chapel.

Dal punto di vista tecnico il disco è discreto: la risposta in frequenza e la dinamica si attestano su valori in linea con quelli delle registrazioni digitali degli anni ’90 ma in qualche passaggio forte c’è qualcosa che satura (forse un microfono, forse il registratore, ma si sente la distorsione), un difetto assolutamente indesiderabile e che sarebbe stato opportuno prevedere ed evitare.


Benjamin N. Duke Memorial Flentrop Organ (1976)

Flentrop Organ, Duke Chapel, Duke University, Durham, U.S.A.
Foto tratta da: Acoustics and Duke Chapel
(Duke University, Duke Physics, Dewey Lawson: "Acoustics and Music").

La descrizione seguente è tratta da Acoustics and Duke Chapel:

L’organo è stato realizzato nel 1976 dalla fabbrica di organi di Dirk A. Flentrop di Zaandam, in Olanda, è a trasmissione meccanica e dispone di 66 registri. La maggior parte delle sue 5000 canne circa è racchiusa in una cassa di mogano profonda solo 4 piedi e mezzo posizionata sulla galleria all’estremità posteriore della navata. Molte delle canne sono conformi a quelle degli organi nordeuropei degli inizi del diciottesimo secolo. Le file più gravi sono di 16′. Sono presenti anche tre file di trombe orizzontali come quelle dei grandi organi spagnoli del ‘700. Il più basso dei quattro manuali controlla il Rugwerk, situato alle spalle dell’organista. I rimanenti tre manuali sono collegati alle valvole dei corpi Bovenwerk, Hoofdwerk e Echo alla maniera classica. Non sono presenti casse espressive. I somieri per le canne di pedale sono posizionati alla base delle torri, ai lati della cassa principale. L’azione dei registri è meccanica tradizionale. Alcuni organi degli inizi del diciottesimo secolo disponevano riserve limitate di vento; ciò causava un momentaneo crollo della pressione del vento nei momenti di maggior richiesta (ad esempio quando veniva suonato un accordo pieno con molti registri inseriti). Poiché questo tipo di effetto era stato preso in considerazione da alcuni compositori, quest’organo permette all’esecutore di ridurre le dimensioni della riserva di vento per ottenere quest’effetto.

Disposizione fonica:

Hoofdwerk
Prestant 16′
Bourdan 16′
Octaaf 8′
Octaaf 4′
Quint 2 2/3′
Terts 1 3/5′
Mixtuur 2′
Scherp 1′
Cornet (from C3)
Bombarde 16′
Trompette 8′
Clairon 4′
Trompet 8′
Trompeta Magna (from C3) 16′
Clarin (from C3) 8′
Trompeta Batalla (C1 – B2) 4′

Rugwerk
Prestant 8′
Gedekt 8′
Octaaf 4′
Fluit 4′ (Gedekt)
Nasard 2 2/3′ (Roerfluit)
Octaaf 2′
Fluit 2′
Terts 1 3/5′
Larigot 1 1/3′
Sesquialter 2 2/3′
Sesquialter 1 3/5′
Mixtuur 2′
Scherp 1′
Cromorne 8′
Schalmey 8′
Trompet 4′

Echo
Gedekt 8′
Prestant 4′
Fluit 4′ (C’ – E’ Gedekt)
Nachthoorn 2′
Cornet (from C3)
Hautbois 8′

Bovenwerk
Prestant 8′
Baarpijp 8′
Gedekt 8′
Quintadeen 8′
Octaaf 4′
Roerfluit 4′
Nasard 2 2/3′ (C1 – B2 Gedekt)
Fluit 2′
Terts 1 3/5′
Sifflet 1′
Mixtuur 2′
Trompet 8′
Hobo 8′
Vox Humana 8′

Pedaal
Prestant 16′
Subbas 16′
Quint 10 2/3′ (Gedekt)
Octaaf 4′
Quint 5 1/3′
Octaaf 4′
Nachthoorn 2′
Mixtuur 4′
Bazuin 16′
Trompette 8′
Trompet 8′
Clairon 4′
Zink 2′

Copertina posteriore

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Karl Richter: A Universal Musician

28 luglio 2006 7 commenti
Copertina dell'album Karl Richter: A Universal Musician

Finalmente il cofanetto è arrivato. Può non essere facile trovarlo nei negozi, forse perché uscito solo da un mese.

Titolo: Karl Richter – A Universal Musician
Casa discografica: Deutsche Grammophon
Serie: Original Masters
Anno: 2006
Formato: Box da 8 CD (foderine interne di carta con finestrella di plastica)

Adesivo incollato sul cofanetto

Otto dischi pieni di ottima musica; in particolare:

CD 1 (soli/coro & orchestra): Schütz: Musikalische Exequien SWV 279-281 [mono] – Händel: estratti da opere liriche.
CD 2 (soli/coro & orchestra): A. Scarlatti: Su le sponde del Tebro – Bach: estratti dalle passioni – Händel, Haydn & Mendelssohn: estratti da oratori.
CD 3 (orchestra): Bach: Concerti BWV 1044 & 1055 – C. P. E. Bach: Sinfonie n. 1-4.
CD 4 (orchestra): Haydn: Sinfonie n. 94 & 101.
CD 5 (organo): Mozart: Fantasia K. 608 – Brahms: 11 Chorale Preludes, Op. 122 – Liszt: Preludio e fuga sul nome BACH, S. 260.
CD 6 (clavicembalo): Händel: Suite in mi maggiore, Ciaccona in sol maggiore [mono]; Bach: Concerto italiano BWV 971, Fantasia cromatica e fuga BWV 903, Toccata e fuga in sol minore BWV 915, Pastorale in fa maggiore BWV 590, Fantasia in do minore BWV 906.
CD 7 (clavicembalo): Bach: Variazioni Goldberg BWV 988.
CD 8 (tenore solo & organo): Bach: Schemelli Songbook.

I primi quattro dischi mettono in evidenza le qualità di Karl Richter come direttore d’orchestra, mentre dal quinto CD in poi si possono apprezzare le sue capacità di organista (CD 5), clavicembalista (CD 6 e 7) e accompagnatore (CD 8).

Frontespizio delle Musikalische Exequien

CD 1 – Sulle Musikalische Exequien c’è da dire che, nonostante siano registrate in mono, la fedeltà del suono è molto buona, sicuramente ottima per l’epoca (1953). Altre case discografiche incidevano già in stereo in quegli anni; la Deutsche Grammophon in effetti non fu tra le prime case ad adottare il nuovo metodo di registrazione, uno dei primi esempi è infatti la Passione secondo Matteo BWV 244 diretta da Richter nel 1958. Tuttavia, come detto, ascoltare Schütz in questa rara e storica registrazione risulta molto piacevole, le voci sono brillanti come nelle registrazioni stereo degli anni sessanta e gli strumenti, l’organo in particolare, emergono con una naturalezza tale che quasi ci si dimentica di stare ascoltando un’incisione monofonica (a meno di non ascoltarla in cuffia) grazie anche all’acustica dell’ambiente in cui si riproduce il disco. Si ravvedono già le caratteristiche vocali che determineranno, qualche anno dopo, il grande successo del coro che prenderà il nome di Münchener Bach-Chor. Nel libretto manca stranamente il testo, dimenticanza imperdonabile visto il prezzo del cofanetto. Fortunatamente in Internet non è difficile reperirlo: Parte I (SWV 279)Parte II (SWV 280)Parte III (SWV 281).

CD 2 – I solisti di Su le sponde del Tebro sono Maria Stader (soprano) e Willy Bauer (tromba). Questa cantata da camera di Scarlatti per soprano, tromba, archi e continuo, si ascolta piacevolmente e dura meno di un quarto d’ora. La qualità della registrazione, inoltre, è molto buona. Oltre a Scarlatti, questo disco contiene un assaggio di alcune composizioni vocali di Bach, Händel, Haydn e Mendelssohn, delle quali si possono ascoltare al massimo un paio di arie ciascuna. È dunque quasi certamente il CD che verrà ascoltato meno di tutti.

Copertina dell'LP delle sinfonie di Carl Philipp Emanuel Bach

CD 3 – Il disco si apre con il celebre Triploconcerto BWV 1044 eseguito dai solisti Aurèle Nicolet, Gerhart Hetzel e lo stesso Karl Richter rispettivamente al flauto, al violino e al cembalo. L’esecuzione è di una trasparenza cristallina, si potrebbe riscrivere lo spartito a orecchio, tuttavia nell’insieme sonoro il clavicembalo emerge poco, specie nel secondo movimento, dove la parola è lasciata unicamente ai tre solisti: mentre flauto e violino s’avvicendano e si intrecciano tra loro, il clavicembalo sembra restarsene in disparte, relegato quasi ad un ruolo di accompagnamento; eppure il due manuali suonato da Richter non avrebbe avuto difficoltà ad imporsi con un timbro forte, in modo da incorniciare e solidificare quest’adagio che invece rimane poco definito soprattutto nel registro basso. A seguire troviamo il Concerto per oboe BWV 1055, nella ricostruzione curata da Christopher Hogwood a partire dalla trascrizione per clavicembalo, unica versione autentica pervenutaci. L’esecuzione, risalente al 1980, non risente assolutamente del problema appena esposto, in quanto il clavicembalo si occupa qui unicamente del basso continuo insieme con il contrabbasso. La parte solistica è affidata all’oboista Manfred Clement.
Le pionieristiche sinfonie di Carl Philipp Emanuel Bach, sicuramente poco conosciute, gettano in realtà le basi per quella che sarà la grande stagione sinfonica classica che esploderà con Haydn e Mozart e poi sarà portata ai massimi livelli da Beethoven. I richiami al concerto barocco sono numerosi, l’onnipresente clavicembalo ne è segno lampante, ma la gestione dell’organico inizia ad essere molto più articolata e dinamica, e si possono già scorgere diverse trovate geniali che divergono nettamente dal modo di comporre secentesco, e che saranno proprio il sale delle successive sinfonie classiche. La Münchener Bach-Orchester si dimostra perfettamente in grado di eseguire questo repertorio con la dinamica che si conviene a lavori sinfonici a tutti gli effetti. Per quel che riguarda l’aspetto tecnico, la qualità sonora del disco è molto buona, nessun particolare da rilevare.

CD 4 – È un dato di fatto che Karl Richter sia noto principalmente per le sue interpretazioni della musica barocca, tuttavia non sono state rare, nella sua vita artistica, le digressioni verso correnti musicali meno antiche, basti pensare a Brahms, presente in questo stesso cofanetto (CD 5), o anche a Max Reger. La registrazione di queste due sinfonie di Franz Joseph Haydn risale al 1961 con l’orchestra dei Berliner Philharmoniker. La direzione è caratterizzata dalla precisione dei tempi tipica del direttore sassone; non sono presenti brusche variazioni del tempo, che invece sono caratteristiche delle letture più romantiche. La dinamica dell’orchestra è ben curata, i piano, i forte e i crescendo si apprezzano bene; del resto l’intensità e la precisione dei Berliner Philharmoniker erano qualità ampiamente dimostrate già all’epoca di queste registrazioni; nel 1955, infatti, il direttore Herbert von Karajan aveva iniziato il lungo lavoro di perfezionamento di quella che nel corso degli anni sessanta diventerà una delle più rinomate orchestre del mondo.

Copertina dell'LP delle composizioni per organo di Mozart, Brahms e Liszt

CD 5 – Come già anticipato nel precedente articolo “Pagine per organo”, qui troviamo due eccellenti e fino ad oggi rarissime esecuzioni: la Fantasia in fa minore K. 608 (per organo meccanico) di Mozart e il Preludio e fuga sul nome BACH di Liszt. Sono inoltre presenti gli 11 Chorale-Preludes (Preludi corali) op. 122 di Brahms che nulla hanno a che vedere con la magnificenza dei due lavori citati in precedenza, ma nei quali Karl Richter cura particolarmente la scelta dei registri; non vi sono due corali che siano eseguiti con la stessa combinazione, senza considerare i cambi di manuale. Si tratta dunque di interpretazioni da non perdere. L’anno è il 1964 e l’organo è lo Steinmeyer della Herkules-saal (sala di Ercole) a Monaco di Baviera (come si può leggere sulla copertina dell’LP originale che trovate in fondo a questo articolo), inaugurato pochi anni prima e del quale il nostro organista sfodera l’intera tavolozza timbrica e le ampie potenzialità espressive. A breve dovrebbero pervenire maggiori informazioni su questo strumento grazie alla gentile collaborazione della stessa fabbrica di organi tedeschi (aggiornamento del 7/8/2006: è disponibile la disposizione fonica dell’organo). Unico neo di queste registrazioni è l’immagine stereofonica un po’ più stretta del normale (cioè i canali sinistro e destro si assomigliano molto) il che può essere imputabile alla disposizione dei microfoni; bisogna inoltre ricordarsi che ci si trova in una sala, la quale presenta quindi un’acustica diversa da quella di una chiesa. In compenso il riverbero risulta piuttosto ridotto, il che conferisce maggiore chiarezza e brillantezza al suono, caratteristiche difficili da riscontrare nelle incisioni organistiche sinfoniche. In conclusione si tratta senz’altro di interpretazioni eccellenti e raccomandabili.

Copertina dell'LP delle incisioni clavicembalistiche di Bach

CD 6 – Händel è stato registrato nel 1954 in mono e la qualità del suono purtroppo ne risente più delle Musikalische Exequien di Schütz, anche se l’anno e il luogo delle incisioni (Herkules-Saal, Monaco) sono gli stessi; in pratica i toni acuti sono troppo evidenti e i toni medi risultano troppo deboli, tuttavia un’equalizzazione più attenta avrebbe portato a un migliore risultato sonoro, come ho potuto constatare personalmente. Bach invece è tutto in stereo e di buona qualità sonora, e tutto suonato con precisione e senza troppi abbellimenti, come sempre quando si parla di Karl Richter. Una menzione speciale la merita la Pastorale in fa maggiore BWV 590, opera eseguita tipicamente all’organo e qui invece suonata al clavicembalo. Richter scelse uno strumento moderno per le sue registrazioni: costruito da Neupert, si tratta di uno strumento un po’ speciale poiché dispone di un forte registro basso di 16′.

CD 7 – Per le Variazioni Goldberg vale quanto scritto poco fa. Il clavicembalo è sempre lo stesso, come pure la pulizia dell’esecuzione. Interessante il gioco dei registri che sottolinea i passaggi di una certa importanza e abbellisce i ritornelli che altrimenti si ridurrebbero davvero a una semplice ripetizione dello stesso pezzo. A proposito dei ritornelli, questa è una delle poche esecuzioni in cui vengono eseguiti tutti, tanto che il disco dura oltre 77 minuti. Buona la qualità del suono.

CD 8 – Queste composizioni di Bach per tenore (Peter Schreier) e organo (Karl Richter) sono poco eseguite e gradirle o meno è questione di gusti, alcuni potrebbero trovarle noiose ma Richter cerca sempre di movimentare l’accompagnamento scegliendo le registrazioni in modo vario, supportato dall’organo Silbermann della cattedrale di Freiberg, autore, tra l’altro, della esemplare registrazione di Richter della Passacaglia in do minore di Bach. Qualità audio molto buona (dopotutto siamo nel 1978).

Disposizione dell'organo Silbermann del Duomo di Freiberg

Potete trovare un altro interessante articolo su questo cofanetto nel blog “Musicalia-Organalia” [Link al post].

Collegamenti utili:
Deutsche GrammophonSteinmeyer OrgelbauResidenz München – Libretto delle Musikalische Exequien: IIIIII.

Retro del cofanetto

Pagine per organo

17 luglio 2006 3 commenti
Fotografia del disco "Pagine per organo"

Il mio primo incontro con l’arte di Karl Richter avvenne per puro caso anni fa ascoltando un’antologia di opere per organo su LP dal titolo «Pagine per organo», che perciò merita una menzione speciale in questo spazio. L’esecuzione di Richter della Fantasia e Fuga BWV 542 di Bach, precisa, impeccabile, mi colpì sin dal primo ascolto e da anni rappresenta il mio riferimento. Solo tempo dopo avrei scoperto le capacità di Karl Richter come clavicembalista e direttore d’orchestra.

Il disco, uscito nel 1983 (Deutsche Grammophon, 410 073-1), contiene anche altri brani suonati da Karl Richter; ecco cosa esegue esattamente:

  • Bach: Fantasia e fuga in sol minore, BWV 542
  • Brahms: Preludio al corale “Herzlich tut mich verlangen”
  • Mozart: Fantasia in fa minore, K. 608
  • Liszt: Preludio e fuga sul nome BACH

Fuori catalogo per molti anni, queste registrazioni sono ora tutte fortunatamente disponibili su CD. Bach lo si trova nel box “Organ Works – Karl Richter” della Deutsche Grammophon serie “The Originals” uscito nel 2005 (codice 477 5337), mentre proprio a giugno di quest’anno (2006) è uscito il cofanetto “Karl Richter: A Universal Musician”, di 8 CD, sempre Deutsche Grammophon (477 6210) in cui si trovano, tra l’altro, le esecuzioni della Fantasia in fa minore di Mozart, del Preludio e fuga sul nome BACH di Liszt e dei Preludi-Corali di Brahms, tutte esecuzioni ascoltabili, fino a qualche settimana fa, solo da LP come questo.

La Fantasia e fuga BWV 542 di Bach è eseguita all’organo Marcussen della Jægersborg Kirke (disposizione), mentre Mozart, Brahms e Liszt sono eseguiti all’organo Steinmeyer della Herkules-Saal della Residenza di Monaco (disposizione).

Dopo aver ascoltato varie esecuzioni della Fantasia K. 608 di Mozart (Guillou, Haselböck per fare qualche esempio), pur trovandole soddisfacenti non posso nascondere la mia tendenza a tornare ad ascoltare Richter: la scelta delle registrazioni, i tempi e la precisione non hanno pari. Lo strumento, costruito nel 1962 e dotato di 75 registri, ha una sonorità che si addice perfettamente sia a questo pezzo Mozartiano che a Liszt, nonostante l’assenza di registri di 32′.

In definitiva sono tutte registrazioni da ascoltare e difficilmente se ne rimarrà delusi. Un’ultima nota tecnica: le incisioni risalgono al 1964 e la qualità audio (stereo, ovviamente) è molto buona; il rumore di fondo si fa notare solo nei passaggi più tenui.

«Pagine per organo» contiene anche pezzi eseguiti da altri organisti:

  • Anonimo: Branle de Champagne
  • Cabanilles: Toccata n. 4
  • L. Couperin: Fantasia in do maggiore
  • Sweelinck: Variazioni sull’antica canzone inglese “Future, my Foe”
  • Janáček: Solo per organo dalla “Messa glagolitica”
  • Bull: Bull’s Goodnight

In effetti lo scopo del disco non era quello di mettere in evidenza Karl Richter ma piuttosto di dare una panoramica generale sulla musica organistica; obiettivo decisamente ambizioso, specialmente se, come in questo caso, si riduce il tutto a meno di un’ora di musica. Chiaramente, nel voler dare un assaggio di musica organistica eseguita in modo pulito, si dev’essere pensato che Karl Richter fosse uno degli artisti più adatti allo scopo.

Riporto di seguito, tra virgolette, le note presenti sul retro della custodia, scritte da Joachim Dorfmüller e tradotte in italiano da Gabriele Cervone. Anche se non si parla degli esecutori, vi sono informazioni interessanti sulle origini e lo sviluppo della musica organistica.

«Si deve risalire fino al secolo VIII per poter cogliere gli inizi della musica per organo: nel 757 Pipino III, padre di Carlo Magno e soprannominato impropriamente anche “il breve”, ricevette in dono un organo dall’imperatore di Bisanzio Costantino V. Ma dovettero trascorrere quasi 70 anni perché questo strumento potesse avere una sua funzione nelle celebrazioni liturgiche; infatti solo nel 824 la Cattedrale di Aquisgrana fu dotata di un organo.
A quei tempi non si poteva parlare in alcun modo di letteratura specificamente organistica. Bisogna attendere quasi 500 anni per trovare musiche di questo tipo: si tratta di preludi (detti “preamboli”), di adattamenti di canti, ma anche di danze, spesso trascritte da composizioni vocali. Si trattava comunque di opere destinate all’organo, come indicano inequivocabilmente i frontespizi di queste raccolte di musiche. I loro autori sono rimasti spesso anonimi, così anche il compositore della Branle, un’antica danza francese di gruppo, che si può ascoltare in questa registrazione – un tipo di musica che nei secoli XVI e XVII era assai popolare.
Nell’era prebachiana quattro maestri – ognuno dei quali è un insigne rappresentante del proprio paese – caratterizzano poi il successivo iter dell’organo nella storia della musica. Sono quasi coetanei l’olandese Jan Pieterszoon Sweelinck e l’inglese John Bull. Sweelinck, che fu organista a partire dal 1580 nella Oude Kerk di Amsterdam, viene a ragione chiamato “il creatore di organisti”: per le sue straordinarie doti pedagogiche godette ai suoi tempi di grande fama. Ma ebbe alti riconoscimenti anche come compositore e a questo avranno certo contribuito le sue variazioni, come ad esempio quelle su “Future, my Foe” (Dalla Fortuna son sospinto). Un momento caratteristico dello stile di Sweelinck è dato dalla fusione di influssi inglesi e italiani. Anche Bull fu organista (da ultimo nella Cattedrale di Anversa) e al tempo stesso compositore. Scrisse cicli di variazioni, fantasie e dei pezzi sul tipo del ricercare. Può valere come esempio della sua arte il brano “Goodnight” (Buona notte). Louis Couperin è il capostipite di una famiglia che ha dato alla storia tanti musicisti in un ampio arco di tempo, dal secolo XVII fino al XIX, come indicano i reperti documentari. Fu zio del famoso François Couperin, che portò l’arte clavicembalistica francese ai suoi più alti fastigi. Lo stesso Louis Couperin, organista nella Chiesa di St. Gervais a Parigi e alla corte del Re Sole, scrisse diverse composizioni dal titolo “Fantasia”, nelle quali è documentata la sua predilezione per i registri bassi – e a quei tempi nuovi – della tromba e cornetta. Più a sud ed esattamente a Valencia, in Spagna, operò Juan Bautista Cabanilles, organista e sacerdote nella Cattedrale della sua città natale. Compì probabilmente un viaggio di studi alla corte del Re Sole e là ebbe modo di conoscere Louis Couperin. Inoltre assimilò le conquiste stilistiche di Girolamo Frescobaldi, organista in S. Pietro a Roma. Di Cabanilles sono rimaste passacaglie, tientos e toccate, e la Toccata n. 4 riflette i tratti caratteristici dell’antica musica spagnola.
In un excursus documentario di composizioni organistiche non può mancare la musica di Johann Sebastian Bach, il più famoso Cantor di S. Tommaso di tutti i tempi. Nella sua produzione organistica – solo per fare un esempio – giungevano a pieno compimento la ricchezza formale e la forza espressiva dell’età barocca, e si compiva la maestria artistica di quei compositori che prima di lui operarono particolarmente nell’Europa centrale. Le esecuzioni e le improvvisazioni di Bach all’organo furono ammirate sempre e ovunque. Sembra che per lui non siano mai esistiti problemi tecnici, sia nell’atto di comporre che nel suonare lo strumento. Ne offre un esempio la Fantasia e Fuga in sol minore qui registrata. La prima parte di questa composizione, scritta nel 1720 a Cöthen, percorre armonicamente il linguaggio dei decenni successivi; la Fuga è da un punto di vista tecnico-interpretativo uno dei più ardui brani per organo che Bach abbia mai scritto. A queste vette assolute rappresentate dalla musica bachiana seguì un periodo di stasi. I grandi Classici si dedicarono appena alla musica organistica. Fu più di tutti Wolfgang Amadeus Mozart a lasciare agli organisti dei brani di rilievo, anche se scritti in realtà per organo meccanico (uno strumento automatico allora assai in voga) – è questo appunto il caso della Fantasia in fa minore qui registrata. Se la forma di rondò è classica, i passaggi fugati – realizzati con grande maestria contrappuntistica – rimandano invece allo stile barocco. Qui Mozart fa il suo atto di riverenza nei confronti di Bach – un atteggiamento che contraddistingue anche il Preludio e Fuga sul nome BACH di Franz Liszt, la prima composizione organistica concepita in una dimensione di virtuosismo pianistico, che sia stata scritta sulle note si bemolle (B) – la (A) – do (C) – si (H), una sigla da allora in poi sempre prediletta dai compositori di musica organistica. È invece concepito come una meditazione il Preludio a “Herzlich tut mich verlangen” di Johannes Brahms, una musica legata al contenuto testuale e che dà espressione all’anelito di morte e al desiderio di liberazione dai dolori terreni. L’ultima composizione di questa serie di registrazioni è di Leos Janáček, che ancor prima di Bartók acquisì alla musica d’arte l’elemento folcloristico (quello della Moravia, sua terra natale). La “Messa glagolitica” è una delle sue opere più significative nel genere sacro; questa messa si conclude con un Solo per organo, veramente insolito per una composizione vocale, e tuttavia comprensibile in un compositore che non solo fondò una scuola organistica ma che la diresse anche per quasi un trentennio.»

Joachim Dorfmüller (Traduzione: Gabriele Cervone).

Collegamenti utili: Jægersborg KirkeDisposizione dell’organo MarcussenDisposizione dell’organo SteinmeyerDeutsche Grammophon.

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